Sisma Abruzzo, condanna Commissione Grandi Rischi
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
“La giustizia ha comunque i suoi tempi e potrà manifestarsi al meglio”. Così il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, all’indomani della sentenza del tribunale dell’Aquila, che ieri ha condannato a sei anni di reclusione sette membri della Commissione Grandi Rischi per aver sottovaluto la possibilità, nel 2009, di un sisma in Abruzzo. Oggi, l’Ufficio di presidenza della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi ha rassegnato le dimissioni al presidente del Consiglio dei ministri.
Intervista con il prof. Zuccaro
La sentenza, che ha ricevuto vasta eco in tutto il mondo e critiche in particolare dalla comunità scientifica statunitense, introduce un preoccupante precedente. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il prof. Giulio Zuccaro, docente di Ingegneria strutturale all’Università Federico II di Napoli:
R. – Sicuramente, questa sentenza lascerà un segno e un precedente gravissimo che mette in discussione i giusti rapporti tra la comunità scientifica e la società che, a parer mio, non può fare a meno del contributo della scienza. La scienza, in genere e specie in questi settori, ha ampi margini di incertezza. Ci sono, quindi, valutazioni che vanno sempre affrontate con una chiara interpretazione probabilistica.
Comunicazione e catastrofi
D. – Questa sentenza pone anche un problema: quello di saper comunicare di fronte a rischi e catastrofi ambientali…
R. – Io trovo che la comunicazione, la stampa, i media abbiano una responsabilità perché la ricerca, che spesso si fa da parte della stampa e dei media, è quella del sensazionalismo. Si pubblica l’articolo che in qualche modo faccia effetto “choc”, che faccia vendere le copie o che faccia discutere al di là di quello che nello specifico gli scienziati o gli esperti dicono. Quindi, un’interpretazione forzata di quello che si dice francamente credo sia un fattore importantissimo, che mette in evidenza delle responsabilità che oggi, al riguardo, non mi pare emergano e che danno poi vita a delle conseguenze devastanti, come quelle di questa sentenza. E a parer mio, c’è anche una responsabilità nel come le informazioni sono state trasferite alla società civile.
Creare una rete virtuosa
D. – Quindi, l’”optimum” sarebbe creare una sorta di rete virtuosa tra scienziati e comunicatori che sappiano evitare allarmismi, in modo che non si generi il panico in caso di notizie non rassicuranti…
R. – Esattamente. Il ruolo dell’informazione – specie in questo settore – è delicatissimo e importantissimo e ha un alto valore etico. Fare allarmismo, fare sensazionalismo è una cosa che può essere devastante. Mi consta anche per esperienza personale: quante interviste concesse a giornalisti vengono poi amplificate, vengono leggermente interpretate con più drammaticità, vengono forzate? Io ho appena dato le mie dimissioni dalla Commissione Grandi Rischi perché non ci sto a questo gioco al massacro, e come me molti altri colleghi. La conclusione qual è? Quella che un contributo di esperti o di scienziati, a tutti i livelli, venga meno. E’ ovvio che non c’è più la disponibilità di poter dare con serenità un contributo, quando si ‘viaggia’ con queste premesse.
Comunicare il rischio
D. – Dunque, evitare allarmismi ma come, invece, comunicare il rischio quando c’è questa concreta possibilità?
R. – Io ho avuto contatti con delle agenzie scientifiche di giornalismo. Chiedono l’intervista, fanno rileggere il testo, aspettano la conferma sui termini, la conferma sul giusto equilibrio su quello che si vuole dire: questo è il modo corretto di fare giornalismo, per dare informazione corretta. Non quella di carpire una frase, fraintenderla volutamente, forzarla. Questo provoca scompiglio. Sicuramente, c’è bisogno di un’informazione corretta, ma questo non può essere solo sulle spalle della capacità di comunicare dell’esperto o dello scienziato di turno. Va, ovviamente, fatta crescere la coscienza di colui il quale poi trasmette, a livello di stampa o a livello di media, questo tipo di informazione. Ed è un compito importantissimo, delicatissimo e di grande valore sociale. Anche etico.
Gestione del rischio
D. – Poi, per completare questo percorso di valore sociale ed etico, bisogna anche fare in modo che la popolazione si educata alla gestione del rischio…
R. – Tutti i cittadini d’Italia vivono per oltre il 75% in case che non sono progettate per resistere ad eventi sismici e vivono in zone al 75-80% a rischio sismico. E lo dice la legge, perché sono tutte zone a rischio sismico, dove c’è un’accelerazione attesa in un certo numero di anni. Che non sono forse tutti informati di questo? E cosa si fa?
Valutazioni degli scienziati
D. – Un punto centrale, cruciale è che gli scienziati esprimono pareri, valutazioni in buona fede…
R. – …”e gratuitamente, perché questo va detto. Perché anche questa è un’informazione che sta passando e che è errata. Ieri, ho sentito una dichiarazione, in televisione, di un parente di una vittima che ovviamente ha tutta la mia solidarietà ma che non può pensare che la colpa sia dell’esperto di turno. Sia chiaro che tutto quello che noi del settore scientifico forniamo, lo forniamo sempre gratuitamente, per un senso civico, etico, che ci sollecita a dare un giudizio su certi fattori. Io non voglio entrare nel merito della sentenza. Diciamo anche che mancano delle leggi. Diciamo anche che i giudici si sono trovati in un vuoto legislativo”.
Gap legislativo
“Ognuno deve fare la sua parte: la politica deve legiferare. In altri Paesi, come negli Stati Uniti, quando si danno delle indicazioni scientifiche da parte di esperti, scienziati, tecnici in emergenza, non si è soggetti a procedimenti di questo tipo, perché se ne capisce la delicatezza. Noi abbiamo un gap legislativo e i politici devono fare la loro parte. Abbiamo un gap d’informazione: la stampa non deve cercare sensazionalismi, deve dare l’informazione corretta. E poi la scienza farà la sua parte”.