Intervento di mons. Chullikatt su commercio delle armi
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
“La comunità internazionale ha bisogno di uno strumento legale forte, credibile ed efficace per regolamentare e migliorare la trasparenza del commercio delle armi convenzionali e delle munizioni”. E’ quanto ha detto mons. Francis Chullikatt. L’ osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite è intervenuto lo scorso 13 febbraio alla quarta sessione, in corso a New York, del Comitato preparatorio per la Conferenza dell’Onu. Tale Conferenza, prevista a luglio, è incentrata sul Trattato sul commercio delle armi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Un commercio delle armi “non regolamentato e non trasparente” provoca sul piano umanitario molteplici conseguenze. Lo sviluppo umano – osserva mons. Chullikatt – viene rallentato. Il rischio di conflitti aumenta e i processi di pace sono messi in pericolo. Si facilita poi “il diffondersi di una cultura di violenza e di criminalità”. Per questo – spiega mons. Chullikatt – è necessaria “un’azione responsabile, condivisa da tutti i membri della comunità internazionale” al fine di promuovere “il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”.
Applicazione del Trattato
L’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite sottolinea che il principio fondante del Trattato sul commercio delle armi deve essere la ricerca di “un mondo più rispettoso della dignità della persona”. I criteri di applicazione del Trattato – aggiunge mons. Chullikatt – devono mantenere riferimenti ai diritti umani, al diritto umanitario e allo sviluppo. Si deve legare a campi in cui “l’impatto del mercato illecito delle armi è particolarmente forte.
Attenzione alla proliferazione illecita di armi
Si deve infine porre “attenzione alla proliferazione illecita delle armi, attraverso la riduzione della domanda”. In quest’ottica – conclude mons. Chullikatt – sembra opportuno introdurre nel Trattato “riferimenti a processi educativi e programmi che coinvolgendo tutti i settori della società, incluse le organizzazioni religiose, siano volti a promuovere una cultura della pace”.