Non si ferma la protesta in Egitto
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
In Egitto, l’attività del Parlamento è stata sospesa in attesa che i tribunali si pronuncino sui ricorsi sull’esito delle elezioni legislative di novembre contestate dall’opposizione. Sul terreno, poi, proseguono le proteste. Fonti locali riferiscono di scontri tra sostenitori del presidente e manifestanti contro Hosni Mubarak. Diverse persone sono rimaste ferite. Nel Paese, intanto, il coprifuoco è stato ridotto di due ore e Internet, uno dei principali motori delle proteste di questi giorni in Egitto e nel Nord Africa, ha ripreso a funzionare. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Dopo l’imponente manifestazione di ieri, migliaia di persone anche oggi al Cairo si sono radunate nella piazza, teatro delle proteste di questi giorni, per chiedere le dimissioni di Hosni Mubarak. Nella notte, hanno seguito sul maxischermo il discorso del presidente egiziano che ha detto di non volersi candidare alle prossime elezioni. Ma Mubarak ha anche aggiunto di non voler dimettersi per portare avanti il proprio lavoro e preparare la strada al prossimo governo. Il suo discorso è stato bocciato con fermezza dai manifestanti e dall’opposizione.
Appello del presidente Obama
El Baradei, ex direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e incaricato dall’opposizione di negoziare con il governo, ha dichiarato che Mubarak “non ascolta la voce del popolo”. Tra gli schieramenti dell’opposizione radicale, il gruppo dei “Fratelli musulmani” ha inoltre dichiarato che nell’Egitto post Mubarak non intende fondare un “emirato islamico”, come ipotizzato invece da diversi osservatori. Il movimento ha anche precisato che, se prenderà parte al prossimo governo, “i cristiani copti avranno gli stessi diritti dei musulmani e di ogni altro cittadino egiziano”. La situazione in Egitto ha ovviamente un’eco internazionale: negli Stati Uniti il presidente Barack Obama, ha esortato il governo egiziano a iniziare immediatamente il processo di transizione del Paese verso una nuova leadership. “Indicare la classe dirigente” – ha detto Obama – è un “diritto che spetta al popolo”.
Proteste anche in Giordania, Marocco, Yemen e Siria
Ma non è solo il mondo politico egiziano ad essere messo in discussione. L’onda delle proteste, dopo Tunisia, Algeria ed Egitto, è arrivata anche in Giordania, Marocco, Yemen e Siria. In Giordania il re Abdallah ha accettato le dimissioni del primo ministro. Anche in Marocco si susseguono rivendicazioni politiche ed economiche. E nello Yemen, poi, il presidente Ali Abdulla Saleh ha confermato, sulla scia delle dichiarazioni di Mubarak, l’intenzione di non ricandidarsi alle prossime elezioni. In Siria, infine, su Internet è sempre più prorompente l’appello a manifestare venerdì prossimo, dopo la preghiera islamica, contro la monocrazia e la corruzione. Il mondo arabo e il Nord Africa sono dunque in fermento, in attesa di risposte ad istanze democratiche, politiche e sociali.
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By Mona (IMG00606-20110130-1644) [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons