Il Papa chiede perdono ai Rohingya

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© Amedeo Lomonaco Il mio articolo su VaticanNews: “La vostra tragedia è molto dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono”. Con queste parole Papa Francesco si è rivolto, al termine dell’incontro interreligioso sulla pace, ad un gruppo di profughi Rohingya, fuggiti dal Myanmar.

Tutti portiamo il sale di Dio dentro

“Anche questi fratelli e sorelle – ha detto Francesco – sono l’immagine del Dio vivente”. “Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell’acqua e vi ha versato del sale, l’anima degli uomini”. “Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle”.

La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya

“Mi appello al vostro cuore grande – ha aggiunto il Pontefice parlando a braccio – perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo”. “Continuiamo a stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti”. “Non chiudiamo il cuore, non guardiamo dall’altra parte. La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno – ha concluso – ha la sua risposta”.

Incontro con i vescovi del Bangladesh

Unire la voce contro il terrorismo. E’ questa una delle riflessioni centrali del discorso rivolto da Papa Francesco ai vescovi del Bangladesh, incontrati oggi nell’arcivescovado di Dacca:

 

“Quando i capi religiosi si pronunciano pubblicamente con una sola voce contro la violenza ammantata di religiosità e cercano di sostituire la cultura del conflitto con la cultura dell’incontro, essi attingono alle più profonde radici spirituali delle loro varie tradizioni”.

Stringere legami di comunione

La Chiesa in Bangladesh – sottolinea il Papa – si distingue per “zelo missionario”, “spirito di collegalità” e “mutuo sostegno”. Uno “spirito di affetto collegiale”, condiviso dai sacerdoti, che si propaga “alle parrocchie, alle comunità e alle diverse forme di apostolato delle Chiese locali” del Paese. Questo spirito di comunione si esprime “nella serietà” con cui i presuli del Bangladesh si dedicano alle visite pastorali, dimostrando concreto interesse per il bene della gente. Ai vescovi Papa Francesco rivolge una speciale esortazione:

“Vi chiedo di perseverare in questo ministero di presenza, che solo può stringere legami di comunione unendovi ai vostri sacerdoti, che sono vostri fratelli, figli e collaboratori nella vigna del Signore, e ai religiosi e alle religiose che rendono un così fondamentale contributo alla vita cattolica in questo Paese”.

Riconoscere i carismi dei laici

Il Santo Padre invita poi i vescovi a riconoscere e a valorizzare “i carismi dei laici, uomini e donne”:

“Nello stesso tempo, vi chiederei di mostrare una vicinanza anche più grande verso i fedeli laici. Bisogna promuovere la loro effettiva partecipazione nella vita delle vostre Chiese particolari, non da ultimo tramite le strutture canoniche che fanno sì che le loro voci vengano ascoltate e le loro esperienze apprezzate”.

Il Pontefice ricorda, in particolare, l’impegno di “zelanti catechisti il cui apostolato è essenziale alla crescita della fede e alla formazione cristiana delle nuove generazioni”. “Essi sono veri missionari e guide di preghiera, specie nelle zone più remote”. “Siate attenti – aggiunge il Papa – ai loro bisogni spirituali e alla loro costante formazione nella fede”. Francesco aggiunge che ci sono tre vie di santificazione nella Chiesa: la via presbiterale, la via laicale e la via della vita consacrata.

Il popolo del Bangladesh e il suo amore per la famiglia

La gente del Bangladesh, Paese benedetto “con vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa”, è “nota per il suo amore alla famiglia”, “per il suo senso di ospitalità”. Altri tratti distintivi di questo popolo – aggiunge il Pontefice – sono “il rispetto verso i genitori e i nonni e la cura verso gli anziani, gli infermi e i più indifesi”:

“Una speciale espressione di gratitudine è dovuta a tutti coloro che lavorano silenziosamente per sostenere le famiglie cristiane nella loro missione di dare quotidiana testimonianza all’amore riconciliante del Signore e nel far conoscere il suo potere di redenzione”.

L’opzione per i poveri

Il Papa sottolinea inoltre che la comunità cattolica in Bangladesh può essere fiera della sua storia di servizio ai poveri. Continua a svolgere questo servizio quotidianamente attraverso il suo apostolato educativo, i suoi ospedali, le cliniche e i centri di salute”:

“Eppure, specie alla luce della presente crisi dei rifugiati, vediamo quanto ancora maggiori siano le necessità da raggiungere! L’ispirazione per le vostre opere di assistenza ai bisognosi sia sempre la carità pastorale, che è sollecita nel riconoscere le umane ferite e rispondere con generosità, a ciascuno personalmente. Nel lavorare per creare una “cultura di misericordia”.

Promozione del dialogo ecumenico e interreligioso

Riferendosi poi alla dimensione interreligiosa ed ecumenica, Francesco ricorda che in Bangladesh “la diversità etnica rispecchia la diversità delle tradizioni religiose”. Ed esorta i vescovi a promuovere il dialogo:

“Adoperatevi incessantemente a costruire ponti e a promuovere il dialogo, non solo perché questi sforzi facilitano la comunicazione tra diversi gruppi religiosi, ma anche perché risvegliano le energie spirituali necessarie per l’opera di costruzione della nazione nell’unità, nella giustizia e nella pace”.

Il Papa invoca infine “una rinnovata effusione dello Spirito Santo, perché ci conceda il coraggio di annunciare la novità del Vangelo con audacia – parrhesia – a voce alta in ogni tempo e luogo, anche controcorrente”.

Incontro con il premier e visita nella Cattedrale di Santa Maria

Prima dell’incontro nell’arcivescovado di Dhaka con i vescovi del Bangladesh, Papa Francesco ha avuto un colloquio, nella sede della nunziatura, con il primo ministro del Paese asiatico, la signora Shekh Hasina. A questo incontro è seguita una visita nella Cattedrale di Santa Maria dove il Pontefice ha invitato i fedeli ad annunciare il Vangelo.

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