Nuove droghe, dilagano con crisi della società
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Le nuove droghe, gli attuali canali di distribuzione e di consumo. Sono questi i temi al centro di un interessante articolo pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” in cui si sottolinea anche come i vuoti generati dalla società alimentino vizi e dipendenze. Amedeo Lomonaco ne ha parlato con l’autore, il giornalista e medico Luigi Ripamonti, responsabile delle Pagine Salute del quotidiano:
R. – Le nuove droghe sono moltissime. In questi ultimi anni si è assistito ad una trasformazione del mercato. Non abbiamo più le “banali” – banali si fa per dire – eroina, cocaina e marjuana o cannabis – ma abbiamo oltre a queste, che tra l’altro sono molto più potenti rispetto al passato, una serie di mix di droghe sintetiche, variamente combinate e in continua trasformazione. Molti mix, molte droghe chimiche. E quindi anche la modalità di produzione si è relativamente semplificata. Per produrre degli oppiacei, bisogna coltivare l’oppio, avere il raccolto, lavorarlo, esportarlo, spacciarlo.
Controlli più difficili
Queste sono cose che si possono fare in modo relativamente più facile e con una produzione più difficile da controllare e in continua trasformazione. Uno dei fenomeni più preoccupanti è che anche i medici del Pronto Soccorso ci dicono che fanno fatica a capire di cosa un ragazzo si sia fatto! Le sostanze che circolano, oramai, sono moltissime e mischiate in vario modo.
Informazione e politica
D. – Di fronte a queste criticità, diventano allora cruciali le risposte dell’informazione e della politica…
R. – La prima cosa che va fatta è informare e cerchiamo di farlo noi che siamo operatori dei media, ma è chiaro che l’informazione dovrebbe essere a 360 gradi, attraverso la scuola, l’educazione… E la politica – ovviamente – dovrà farsi carico di affrontare questo nuovo panorama con strumenti nuovi: le strutture di informazione, di accoglienza e di trattamento delle tossicodipendenze non possono più essere orientate all’eroinomane, cui potevamo essere abituati negli anni Settanta.
Distribuzione di droga molto ramificata
D. – Sono mutati anche molto i canali di distribuzione. Com’è cambiata negli anni, in particolare, la figura dello spacciatore?
R. – In base alle informazioni raccolte, il problema è che una volta lo spacciatore era l’“uomo nero”, non nel senso della pelle. Era una figura che, chi voleva procurarsi della droga, andava a cercare in determinati posti. Ora lo spaccio, o comunque il canale di distribuzione, può essere molto più ramificato. E quindi è facile che il tuo compagno di banco si sia procurato della droga in qualche modo, magari da un altro e poi te la dia, come è successo recentemente a Riccione. Quel ragazzo che è morto, è deceduto perché aveva preso dell’ecstasy che gli aveva procurato il suo amico. Questo, a sua volta, se la sarà procurata da qualche altra parte. Ci sarà, quindi, una figura di spacciatore sicuramente all’inizio. La droga ti può arrivare anche da qualcuno che conosci bene e che se la è procurata così, con leggerezza, da qualcun altro.
Cambia anche il profilo del consumatore di droga
D. – Anche i consumatori sono profondamente cambiati…
R. – Prima c’era lo stigma verso l’eroinomane, anche verso il cocainomane più recentemente, che venivano identificati come figure relativamente ai margini della società. Ora chi consuma queste droghe sintetiche è una persona, un ragazzo e spesso un adulto perfettamente integrato. Quindi anche la diffusione è meno visibile, meno percepibile a livello sociale. Poi si percepisce quando accadono le tragedie, che purtroppo sono sempre più frequenti…
Crisi di ideali
D. – Ed è cambiata molto anche la spinta verso le droghe: prima c’era la ricerca della trasgressione, della novità; oggi c’è altro e, soprattutto, la crisi di valori e di prospettive…
R. – Prima c’era la trasgressione. Ora chi si droga non è che ce l’abbia con la società, con i carabinieri, col papà o con la mamma, con la scuola. Si droga per soddisfare un desiderio. Un desiderio che, evidentemente, trova il suo terreno di coltura in una società in cui la frustrazione tra i giovani è sempre meno sopportabile, sempre meno ammessa. Siamo abituati a soddisfare sempre di più i piaceri in modo immediato, perché il piacere è un oggetto. Un oggetto che può essere la droga o i soldi nel gioco d’azzardo… Questo fa perdere di vista che, forse, la felicità – ciò che si cerca veramente, che lo si sappia o meno – non ha un oggetto preciso.
Relazioni sempre più social
E si consegue soprattutto – non solo, ma soprattutto – attraverso le relazioni. E le relazioni, in questo momento molto “social” – nel senso di social media – probabilmente sono anche un po’ impoverite. Questo, probabilmente, è uno degli ingredienti che porta alla diffusione di queste forme di soddisfazione relativamente facili, veloci e immediate, che creano dipendenza. Credo che la distinzione tra felicità e piacere sia un cosa importante da tenere presente nella società di oggi e in generale…