Il Papa alle religiose: testimoniate Dio nelle periferie più povere
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Francesco ha esortato le suore dell’Istituto delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto “a cogliere i semi del regno di Dio presenti nella realtà”, a fermarsi “per prendersi cura dei poveri” e ad “ascoltare tanto, per guarire dall’indifferenza, dalla solitudine, e restituire dignità”.
Prendersi cura, farsi prossimo, fare il bene, radicato nella vita consacrata al Signore. Sono questi i tratti distintivi dell’ispirazione gianelliana da cui ha preso forma, nel XVIII secolo, l’Istituto delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto, presenti oggi in molti Paesi. Il fondatore Sant’Antonio Maria Gianelli è stato “un apostolo del Vangelo del lavoro, elemento essenziale della vita personale, familiare e sociale”.
Rivolgendosi alle suore di questa congregazione il Papa, nel suo discorso, ha ricordato che si deve “stare in Dio” ma andando alle periferie, a quelle “più bisognose”. E lì, ha aggiunto, che si deve testimoniare il Signore. Il Santo Padre ha ricordato che sono tante le “situazioni di sofferenza, di povertà, di prepotenza” incontrate in questo tempo.
Anche la vostra missione di evangelizzare trova ostacoli e resistenze, ma, sull’esempio di Sant’Antonio Gianelli, anziché scoraggiarvi, affrontate con fiducia e speranza questa difficoltà, sapendo di essere voi stesse le prime povere e bisognose di Dio. Questo atteggiamento umile e coraggioso assomiglia a quello della Vergine Maria di fronte alle sue prove. Esso fa di ciascuna di voi una terra buona in cui può germogliare il seme della carità, che siete chiamate a “innaffiare” ogni giorno con la preghiera, in particolare con l’adorazione, per rimanere “con il cuore in Dio”.
Una vita che profuma di Vangelo
“Da un cuore immerso in Dio – ha detto il Papa – vengono i frutti di una vita che profuma di Vangelo: una vita ricca di comprensione, di fraternità, di tenerezza, di gioia, di dono di sé”. “Il mondo ha sete di questa vita buona, ma da solo non può darsela; ha bisogno di vederla testimoniata, e non da persone fenomenali, ma da persone semplici, da persone con limiti e debolezze come noi e tuttavia piene della forza dello Spirito Santo”. Papa Francesco ha poi esortato le Figlie di Maria SS.ma dell’Orto ad andare per le strade del mondo, a essere “attente al mondo”. E ha suggerito due tracce di riflessione e di cammino.
La prima è questa: attento al mondo – in senso evangelico – è chi sa stupirsi, chi è aperto a cogliere i semi del regno di Dio presenti nella realtà, perché sa che lo Spirito Santo è sempre all’opera e lavora liberamente e in maniera spesso sorprendente. “Attenzione” dunque non come giudizio, o pregiudizio, non come sospetto o diffidenza o paura, ma come sano realismo, come semplicità, saper prendere le situazioni e le persone così come sono e accompagnarle nel cammino della vicinanza a Dio e della maturazione nel Signore.
Farsi prossimi
La seconda sottolineatura del Pontefice si è legata ad un’altra attenzione: “Attento al mondo – ha affermato – è chi non rimane al balcone”. “Toccare con mano ci umanizza” ed è importante guardare le persone negli occhi.
Attenzione dunque come vicinanza, farsi prossimo, prendersi cura. E qui, care sorelle, avete l’ottima scuola del vostro Fondatore, che vi ha insegnato a essere buone samaritane, sempre in viaggio ma pronte a fermarsi per prendersi cura dei poveri, dei feriti della vita, fasciare le piaghe e ascoltare, ascoltare tanto, per guarire dall’indifferenza, per guarire dalla solitudine, e per restituire dignità. Ogni volta che noi ci avviciniamo con la carità, con l’amore a una persona, le restituiamo dignità. La dignità di Cristo, che viene con il nostro gesto di carità.
Sulle orme di San Giuseppe
Francesco ha infine ricordato il chiacchiericcio è un nemico della fraternità e che il XX Capitolo Generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Santissima dell’Orto, incentrato sul tema “Attente al mondo, con il cuore in Dio”, è iniziato alla vigilia della solennità di San Giuseppe. “Mi piace pensare – ha affermato il Papa – che abbiate voluto affidare in custodia a San Giuseppe i vostri lavori e il loro buon esito; a Lui, l’artigiano di Nazaret, che anche con il suo lavoro ha partecipato al disegno di salvezza e lo ha servito fedelmente, da uomo giusto qual era”.