Il Papa: il mondo ha scelto Caino, ma Dio non smette di salvarlo
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Nell’intervista rilasciata da Francesco alla giornalista Lorena Bianchetti, in una puntata speciale del programma “A Sua immagine”, vengono affrontati vari temi: il dramma della guerra, non solo in Ucraina, il ruolo delle donne, la questione dei rifugiati, la pandemia, la mondanità nella Chiesa. Ma anche l’importanza del perdono e della speranza nel cammino cristiano. Il Papa rivolge poi i propri auguri per la Pasqua.
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il silenzio è il suono del Venerdì Santo, in particolare quando scocca un’ora precisa, le tre del pomeriggio, il momento in cui il Figlio di Dio grida il suo abbandono dal Padre e muore in croce. E il silenzio è anche la parola giusta per il momento del dolore umano, quella che fa spazio a chi è in lacrime. Le tre del pomeriggio è la bussola che orienta l’intervista intitolata “La speranza sotto assedio”, trasmessa su Rai 1 e rilasciata da Papa Francesco alla giornalista Lorena Bianchetti, conduttrice del programma “A Sua Immagine”. Quello sul silenzio è uno dei passaggi intensi della conversazione, quando Francesco confida: “Una delle cose che ho imparato è di non parlare quando qualcuno soffre”, “dobbiamo chiedere la grazia del pianto.
A quel frangente della Passione del Signore si legano oggi le vie dolorose percorse da tante persone innocenti. Persone morte a causa della guerra. Non solo l’Ucraina, sottolinea Francesco, è scossa dalla tragedia di un conflitto. Dappertutto risuonano le armi, “il mondo è in guerra”: la Siria, lo Yemen e il dramma dei “Rohingya cacciati via, senza patria”, “il genocidio del Ruanda 25 anni fa” sono solo alcuni degli scenari di guerra che insanguinano varie regioni del pianeta. Un mondo, spiega il Pontefice, che “ha scelto lo schema di Caino”, di “uccidere il fratello”.
Non si dialoga con il diavolo ma con le persone
Con il demonio “non si dialoga” perché è “il male assoluto”. Ma si parla, dice Francesco, con le persone colpite “dalla malattia dell’odio”. “Tutti noi abbiamo qualcosa di buono”. Questo, afferma il Papa, “è il sigillo di Dio in noi”. Sempre il Signore “cerca di salvarci fino alla fine” perché in ogni uomo ha seminato “qualcosa di buono”. Anche in Caino era stata compiuta questa semina ma il fratello di Abele, ricorda il Pontefice, si è macchiato di un’azione che si inserisce nel solco della violenza. Ed è con questa azione “che si fa una guerra”.
Le guerra è pluriforme
Il demonio, ribadisce il Papa, non è un mito ma una realtà: “Io ci credo”. Il demonio “è seduttore”, presenta “qualcosa di bello nel peccato” e “porta a peccare”: “Se i peccati fossero brutti, se non avessero qualcosa di bello, nessuno peccherebbe”. Ci sono, afferma Francesco, coloro “che fanno la guerra, coloro che distruggono la vita degli altri, coloro che sfruttano la gente nel lavoro”. Anche lo sfruttamento “è una guerra”. Anche questo distrugge, “non solo i carri armati”. Il demonio “cerca sempre la distruzione” perché l’uomo è “immagine di Dio”. Quando Gesù muore, torna presso il Padre. Ma “è in ogni persona sfruttata, che soffre le guerre, la distruzione, la tratta”. “Quante donne – sottolinea il Santo Padre – sono schiave della tratta a Roma e nelle grandi città”. “È opera del male. È una guerra”.
Ogni uomo può seminare distruzione
Una risposta del Papa è preceduta da una frase, citata dalla giornalista Lorena Bianchetti, dello scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij: “La battaglia tra Dio e il demonio è proprio il cuore dell’uomo”. “E’ lì – rimarca il Santo Padre – che si gioca. Per questo ci vuole quella mitezza, quella umiltà di dire a Dio: sono un peccatore, ma tu salvami, aiutami!”. Perché ognuno di noi, spiega Francesco, ha in sé la possibilità di fare quello che fanno coloro che “distruggono, sfruttano”. Il peccato “è una possibilità della nostra debolezza e anche della nostra superbia”.
Chiedere la grazia del pianto
Una drammatica immagine della guerra in Ucraina, ripresa dai media di tutto il mondo, precede un’altra riflessione di Papa Francesco. È quella della disperata corsa di un uomo e di sua moglie in un ospedale. Corrono portando il figlio colpito dalle schegge di una bomba. Purtroppo non è stato possibile, in quel caso, salvare la vita di quel bambino. Cosa si sente di dire – chiede allora Lorena Bianchetti – a quei genitori che vivono questa esperienza straziante di perdere un figlio? “Una delle cose che ho imparato – afferma il Papa – è di non parlare quando qualcuno soffre”. Chi soffre deve essere preso “per mano, in silenzio”. Davanti al dolore, il Papa indica due strade: il silenzio e il pianto. “Dobbiamo chiedere la grazia del pianto, davanti alle nostre debolezze, davanti alle debolezze e alle tragedie del mondo”.
La forza delle donne
Un’altra immagine della guerra in Ucraina è la premessa di una domanda sul ruolo delle donne. È l’immagine di una giovane ucraina incinta, trasportata su una barella in mezzo alle macerie. Cerca di accarezzare il grembo con le ultime forze che le rimangono. “Mi vengono in mente – afferma Lorena Bianchetti ricordando quella drammatica scena – le donne, la forza delle donne e le mamme russe e ucraine”. Quanto è importante un ruolo attivo delle donne, chiede poi la giornalista, per costruire concretamente la pace? Le donne, sottolinea il Papa, sono “forti”. “Gesù è lo sposo della Chiesa”. E “la Chiesa è donna”. Una mamma “è capace di accompagnare i figli fino alla fine”. Come “Maria e le donne ai piedi della croce”. Le donne sanno cosa significa “preparare la vita” e cosa è la morte”. “Parlano quel linguaggio”. Ricordando poi che lo sfruttamento e la violenza contro le donne sono il “pane nostro quotidiano”, il Pontefice sottolinea che “le donne sono la forza”. Ai piedi della croce i discepoli scappano. Non scappano, invece, le donne che “lo avevano seguito durante tutta la vita”. “Gesù, nel cammino verso il Calvario, si ferma davanti ad un gruppo di donne. Loro – evidenzia il Papa – hanno la capacità di piangere”.
Si continua a suddividere i rifugiati
La conduttrice del programma televisivo “A sua immagine” ricorda poi le scene di profughi in fuga dall’Ucraina a causa della guerra ed anche la risposta concreta ricevuta da queste persone nel segno dell’accoglienza e della solidarietà. Questo ha scalfito – chiede Lorena Bianchetti – quei muri dell’indifferenza, del pregiudizio nei confronti di coloro che scappano da altre parti del mondo? O si continua a suddividere i rifugiati in fastidiose categorie? “È vero – risponde il Papa – si suddividono i rifugiati”. “Di prima classe, di seconda classe” e per “colore della pelle”. “Noi siamo razzisti. E questo è brutto”. Anche Gesù, ricorda il Pontefice, “è stato migrante e rifugiato in Egitto quando era bambino per sfuggire alla morte”.
La guerra è una mostruosità
La riflessione del Papa torna poi sul calvario. Sulla croce c’è la gente flagellata dalla guerra “dei Paesi dell’Africa, del Medioriente, dell’America latina, dell’Asia”. “Alcuni anni fa – aggiunge il Santo Padre – ho detto che stavamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. Ma noi non abbiamo imparato”. Il Pontefice rammenta, in particolare, le visite al Sacrario militare di Redipuglia e al cimitero di Anzio. “Ho visto e ho pianto”. Francesco, ricordando anche le commemorazioni nel 2019 per il 75.mo anniversario dello sbarco in Normandia, sottolinea che “la guerra cresce con la vita dei nostri figli”. “Per questo dico che la guerra – afferma il Papa – è una mostruosità! Andiamo in questi cimiteri che sono proprio la vita di questa memoria”.
Abbiamo dimenticato il linguaggio della pace
C’è ancora lo sfondo del dramma della guerra in una delle domande poste dalla giornalista Lorena Bianchetti: perché gli uomini non hanno appreso dal passato e continuano ad usare le armi per risolvere i loro problemi? Francesco risponde spiegando di comprendere “i governanti che comprano le armi”. “Non li giustifico, ma li capisco”. “Dobbiamo difenderci” perché si segue lo schema di Caino. Ma questo è uno “schema demoniaco” che porta ad “uccidersi l’un l’altro per voglia di potere, per voglia di sicurezza, per voglia di tante cose”. “Se fosse uno schema di pace, questo non sarebbe necessario”. Ci sono anche tante “guerre nascoste”, “lontane da noi”. Si è “dimenticato il linguaggio della pace”. Anche se non mancano gli sforzi per far tacere le armi. “Si parla di pace. Le Nazioni Unite hanno fatto di tutto, ma non hanno avuto successo”.
Ci vogliono donne che diano l’allarme
Sfogliando pagine di Vangelo, il Papa ricorda poi che c’è una donna della quale non si parla tanto. È la moglie di Pilato. “Dice al marito: ‘Non immischiarti con questo giusto’. Ma Pilato non l’ascolta, cose di donne”. Questa donna, sottolinea il Pontefice, “ha capito da lontano il dramma”. “Forse era mamma, aveva quell’intuizione delle donne”, spiega Francesco. “Il potere è capace di cambiare il parere della gente dalla domenica al venerdì. L’Osanna della domenica diviene il ‘Crocifiggilo!’ del venerdì. E questo è il pane nostro di ogni giorno. Ci vogliono le donne che diano l’allarme”.
Ci sono tante solitudini
La giornalista Lorena Bianchetti sottolinea che “il Venerdì Santo è un po’ il giorno della solitudine”. E la solitudine, ricorda, “fa inevitabilmente pensare a quello che ognuno di noi ha provato nel periodo più acuto della pandemia”. E anche al momento straordinario di preghiera del 27 marzo del 2020 sul sagrato della Basilica di San Pietro presieduto dal Papa. “Io non sapevo – afferma il Pontefice – che la piazza sarebbe stata vuota”. “È stato un messaggio del Signore per capire bene la solitudine”. Sono tante le solitudini. “La solitudine degli anziani, la solitudine dei giovani che lasciamo soli”. E poi “la saggezza dei vecchi, tante volte trascurata e lasciata da parte in una casa di riposo”. Ma anche la solitudine “dei giovani che lasciamo soli”, quella delle persone “che stanno attraversando una tragedia personale”, la solitudine “di una donna picchiata dal marito”. Tutti sperimentano la solitudine. “Anche lei – aggiunge il Papa rivolgendosi alla giornalista – ha la sua solitudine”. “Io ho le mie. Piccole solitudini, ma è lì, in quelle piccole solitudini, che possiamo capire la solitudine di Gesù, la solitudine della croce”.
“Dio è stato buono con me”
Si è mai sentito solo – chiede durante l’intervista Lorena Bianchetti – nel portare avanti il suo ministero? “No – risponde Francesco – Dio è stato buono con me. Sempre, se c’è una cosa brutta, mette qualcuno che mi aiuti! Si fa presente. È stato molto generoso. Forse perché Lui sa che io da solo non ce la faccio”.
La Chiesa e il male della mondanità
Riferendosi ad alcune ferite che colpiscono anche la Chiesa, il Papa osserva che lo spirito di mondanità è quello che “fa più male oggi”. “Si alimenta e cresce con i soldi”. “Quando cade nello spirito mondano, la Chiesa è sconfitta”. Va bene “usare i soldi per fare del bene, per portare avanti la famiglia col lavoro”, per servire. Il Pontefice ricorda inoltre che ogni giorno, al mattino, rivolge una preghiera a San Michele Arcangelo. “Tutti i giorni! Perché mi aiuti a vincere il diavolo”. “Io ho paura di lui, per questo devo difendermi tanto. Il diavolo che aveva fatto tutta la manovra perché Gesù finisse, come è finito, sulla croce”.
Abbiamo dimenticato di piangere
Ponendo un’altra domanda sulla guerra in Ucraina, la giornalista Lorena Bianchetti sottolinea che “Kiev non è più un semplice luogo geografico”. Agli occhi del mondo rappresenta molto di più. Nel suo cuore, chiede, che cos’è? “Un dolore. Il dolore – aggiunge il Papa – è una certezza”. Per il dolore fisico si può intervenire ma per quello morale “non ci sono delle anestesie”. “Soltanto la preghiera e il pianto”. “Abbiamo dimenticato di piangere. Se io posso dare un consiglio, a me e alla gente, è di chiedere il dono delle lacrime”. Il Santo Padre ricorda anche “una bella preghiera”: “Signore, tu che dalla roccia hai fatto uscire acqua, fa uscire lacrime dalla roccia del mio cuore”. Poi Francesco chiede: quanta gente, davanti alle immagini delle guerre, di qualsiasi guerra, è riuscita a piangere? “Alcuni sì, sono sicuro, ma tanti non sono riusciti”.
Lascia che Gesù ti parli
In questo giorno di Venerdì Santo il Papa si rivolge anche al cuore di ogni uomo: “Davanti a Gesù Crocifisso, lasciati toccare il cuore, lascia che Lui ti parli con il suo silenzio e col suo dolore”. “Ti parli con quella gente che sta soffrendo nel mondo: soffre la fame, la guerra, tanto sfruttamento e tutte queste cose”. “Che Gesù ti parli e per favore non parlare tu. Lascia che sia Lui e chiedi la grazia del pianto”. Il Pontefice invia poi un messaggio di fratellanza a tutti i “fratelli vescovi ortodossi”. Fratelli “che stanno vivendo questa Pasqua con lo stesso dolore con cui la stiamo vivendo noi, io e tanti cattolici”.
Perdonare e chiedere perdono
Come si fa a perdonare tutte quelle persone che ci fanno del male, che uccidono innocenti, che fanno del male non solo fisicamente, ma anche psicologicamente? A questa domanda il Papa risponde sottolineando che il perdono ha una radice divina: “Se io non ho fatto quel male, è perché Lui mi ha fermato con la Sua mano, con la Sua misericordia. Per questo io non posso condannare uno che viene a chiedere perdono. Sempre devo perdonare. Ognuno di noi può dirlo di se stesso”.
La speranza non delude mai
Un altro passaggio dell’intervista riguarda tutte quelle persone che, anche in seguito al Covid, hanno perso il lavoro. Quali parole di speranza, chiede la conduttrice del programma “A sua immagine”, vuole dare loro? “La parola chiave – afferma il Papa – è speranza”, una forza che si rivela “una tensione verso il futuro, verso il Cielo”. “La speranza non delude mai, ma ti fa aspettare”. Anche se nascosta la speranza, spiega Francesco, “ti fa trovare la strada giusta”. Avere speranza non significa illudersi e non significa farsi “leggere le mani”. La speranza invece è un’àncora, una certezza, da non confondere con l’ottimismo. Avere speranza vuol dire “andare verso la vita”.
Gli auguri del Papa per la Pasqua
L’intervista si conclude con l’augurio di Papa Francesco per la Pasqua. “Il mio augurio è di non perdere la speranza”. “La vera speranza, che non delude, è chiedere la grazia del pianto, ma del pianto di gioia, del pianto di consolazione, il pianto di speranza”. “Chiediamo a Pietro che ci insegni a piangere come lui ha fatto. E poi il silenzio del Venerdì Santo”. Sono ormai quasi le tre del pomeriggio. Come dobbiamo oggi, chiede Lorena Bianchetti, vivere questa ora? L’ interrogativo rimane sospeso e il Pontefice, per alcuni secondi, resta in silenzio. Le ultime frasi sono scandite da un abbraccio. La posso abbracciare – chiede la giornalista Lorena Bianchetti – a nome di tutti? “Grazie a lei. Il Signore – risponde infine Francesco – la benedica!”.