22.mo strage via D’Amelio

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Alla speranza di una generale evoluzione nei comportamenti individuali e collettivi che conduca alla sconfitta della mafia deve accompagnarsi l’auspicio che i processi ancora in corso possano fare piena luce su quei tragici eventi”. Così scrive il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, nel 22.mo anniversario della strage di via D’Amelio in cui, insieme al magistrato, persero la vita cinque agenti di scorta. Sul significato di questa giornata, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il parroco della chiesa di San Giovanni Bosco a Bagheria, don Francesco Michele Stabile:

 

R. – E’ una memoria forte, quella che noi facciamo per Borsellino e per tutti quelli che hanno dato la vita. C’è un senso profondo che noi cogliamo: si può dare la vita. E quindi io credo che sia un messaggio cristiano che però ha un valore civile, perché viene capito da tutti. Dobbiamo consegnare alle nuove generazioni questo nostro impegno, un impegno del presente. Non è rituale, ricordare questi morti …

Messaggio di speranza

D. – Questi morti, questi testimoni continuano a dare, ancora oggi, un messaggio di vita contrario, invece, al messaggio di morte dato da alcuni vivi, dai mafiosi. Contro questa logica del male, della mafia, si è scagliato il Santo Padre. Le parole del Papa aiutano ad avere maggiore fermezza, nella società, tra i sacerdoti, il clero…

R. – “Non c’è dubbio. Ma bisogna passare dalla condanna della morte ad una costruzione di vita. Io credo che le parole del Papa debbano essere costruttive nel senso di una pastorale che deve concretizzarsi. Finora, noi abbiamo detto che la mafia, la ‘ndrangheta sono anti-evangeliche. E va benissimo. Ora dobbiamo dire: ma dove dobbiamo noi impegnarci come Chiesa? Il fatto che è accaduto, delle devozioni popolari o di queste tradizioni – processioni, congregazioni – è impegnativo”.

La memoria è vita

“E impegnativo per i vescovi, per il clero, per i preti ma non tutti i preti prendono coscienza. Quindi, ci sono problemi che ora, dal punto di vista pastorale, devono tradurre questo impegno del Papa, questa condanna, in cose concrete: bisogna applicarla alle nostre situazioni, per creare una coscienza diversa nel nostro popolo cristiano. Non sono cose estranee: noi abbiamo bisogno di un cristianesimo di fede, non di un cristianesimo formale, di tradizioni. Credo che in questo dobbiamo mediare tra la tradizione e l’impegno della fede. In questo senso è vita la memoria che noi portiamo avanti di queste persone che sono morte” …

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By Dedda71 [CC BY 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0)], from Wikimedia Commons

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