© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In questi giorni di soggiorno del Papa in Valle d’Aosta, abbiamo tutti occasione di andare almeno con il pensiero alla maestosità dei monti, all’ampiezza della visuale che si offre ad alta quota, al fascino delle vette che sembrano sfiorare il cielo. Tutto ciò da sempre suggerisce all’uomo momenti di intensa riflessione e, al credente, offre la disposizione d’animo per momenti di intensa preghiera. Sul rapporto tra montagna e spiritualità, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, il prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano, mons. Gianfranco Ravasi:

R. – Nella tradizione di tutte le culture, la montagna è vista come la sede dell’incontro tra il divino e l’umano, tra il terreno e il celeste. C’è quindi la tendenza a considerare, proprio per la sua verticalità, la montagna come il luogo dell’incontro col mistero divino. L’uomo, trovando la possibilità di esserel’homo erectus,che domina quindi l’orizzonte, in un certo senso ha voluto imitare lo svettare della montagna verso l’alto. In questa luce, dobbiamo considerare la montagna un segno, un simbolo del trascendente, di ciò che supera la quotidianità e l’oscurità della valle.

La montagna nella Bibbia

D. – La montagna, che nella Bibbia è sullo sfondo di eventi centrali, può diventare per l’uomo una metafora della vita?

R. – Pensiamo a tutta quella serie sterminata di monti cui fanno riferimento le Sacre Scritture. Se vogliamo sceglierne tre in maniera emblematica, pensiamo al Monte Sinai, al Monte Sion e al Monte Golgota. Riusciamo a vedere come questi tre monti abbiano in sé un significato che è decisamente legato all’ascensione dell’uomo verso le altezze dello Spirito.

Il panorama biblico della montagna

D. – Il Sinai, il Tabor, il Monte delle Beatitudini e il Golgota sono alcune delle vette del ‘patrimonio’ cristiano. Quali sono i principali orientamenti che si possono ricavare da questo panorama biblico?

R. – I monti nella Bibbia sono sicuramente una presenza incessante ed una presenza simbolica. Pensiamo in modo particolare al Monte della Trasfigurazione: durante il cammino terreno, dietro i lembi di questo volto umano, come quello di Cristo, si rivela già il Suo mistero. Il monte diventa sede della scoperta del mistero, pur stando nella quotidianità. Sul Monte delle Beatitudini c’è la rivelazione del mistero di Cristo, della sua Parola, sulla quale si devono incamminare, tenendola come una fiaccola, i credenti che dovranno, però, continuare a vivere nella ‘valle’ della loro storia e della loro esistenza.

La montagna per un cattolico

D. – Cosa rappresenta, dunque, la montagna per un cattolico?

R. – La montagna è lo staccarsi dalla banalità, dalla superficialità, dalla quotidianità per cercare di interrogarsi sulle questioni fondamentali dell’esistenza. Per il cristianesimo è un elemento più radicale, perché è la scoperta, attraverso il silenzio, attraverso la contemplazione della natura, di una parola e di una presenza che ci supera: è la parola e la presenza di Dio. La montagna è quasi il luogo ideale per poterla percepire. E’ come una sorta di monastero dello Spirito in cui si entra rompendo l’itinerario che abbiamo vissuto durante il resto dell’anno nella città. Tutti i grandi eventi di rivelazione, le grandi ‘epifanie’ della Bibbia sono state su una montagna. Dio ci parla dal monte, ma il monte non è soltanto una questione orografica.E’ invece un atteggiamento dello spirito.

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