Emergenza sbarchi: intervista con don Sacco
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
In Italia, dove resta alta l’emergenza sbarchi, e stata sottoscritta nei giorni scorsi un’intesa con cui la regione Sicilia si impegna a garantire l’attuazione di interventi di assistenza, anche sanitario e socio-psicologica degli immigrati che raggiungono le coste siciliane. Ma la situazione resta comunque difficile e presenta nuove problematiche: recentemente, un sacerdote siciliano, don Beniamino Sacco, ha denunciato che almeno 200 immigrati di età compresa tra 8 e 14 anni, sono scomparsi, negli ultimi due mesi, dopo pochi giorni di permanenza in un centro di accoglienza. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, proprio don Beniamino Sacco:
R. – Questi ragazzi, dopo tre, quattro giorni di permanenza nel centro sono andati via, di nascosto o arbitrariamente. Non sappiamo dove siano andati. Questa tendenza si sta ripetendo con una certa regolarità. Tale fenomeno ci porta a porci alcuni interrogativi: dove sono diretti? Chi c’è dietro queste sparizioni? Quali strade sono, eventualmente, costretti ad intraprendere i piccoli immigrati?
D. – L’ipotesi più inquietante è quella di uno sfruttamento di questi minori da parte di organizzazioni criminali. E’ un’ipotesi realistica?
R. – Sicuramente sì. Noi abbiamo il timore che ci sia qualcuno che li sfrutti. Sembra che ci siano dei personaggi locali, sempre extracomunitari, che gestiscono questa loro partenza chiedendo in cambio una ricompensa. C’è qualcosa che non funziona già qui, in Sicilia.
D. – Questi ragazzi spesso arrivano da soli, senza genitori, dopo uno dei tanti sbarchi sulle coste siciliane. Questo li rende più vulnerabili?
R. – Sicuramente. Questo è un fenomeno nuovo perché in genere negli sbarchi degli anni precedenti c’erano dei minori solitamente accompagnati dai genitori o da familiari. Può darsi, invece, che adesso ci sia una nuova strategia: quella di inviare ragazzi, sapendo che poi vengono garantiti in tutti i modi. Ma è una situazione che, purtroppo, crea nuove problematiche.
D. – Il centro ospita chiunque abbia bisogno di un letto, di un pasto, senza alcuna distinzione. Quale posto occupa la spiritualità in questa struttura?
R. – Innanzitutto, l’accoglienza è a 360 gradi: noi non abbiamo mai fatto differenze. Questo centro è all’interno di una parrocchia. E’ la comunità che si fa carico dell’accoglienza. E’ con la comunità che ci si confronta. Non è un centro isolato perché non ci sono solamente gli ospiti. Nel centro c’è un travaso di esperienze, di disponibilità, di confronti, senza alcuna preclusione. Ci teniamo alla nostra autonomia proprio per garantire la carità, senza nulla pretendere, senza nulla chiedere, in un confronto sereno e libero tra culture diverse, tra religioni diverse.
D. – Da dove provengono solitamente questi ragazzi?
R. – Dall’Etiopia, dall’Eritrea,dalla Somalia, da tutti questi popoli sventurati che vivono la tragedia della guerra. Ne abbiamo tanti e tutti portano sulle loro spalle una storia individuale, ma che diventa anche collettiva.