Mons. Tomasi al Comitato esecutivo dell’Acnur
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
“Le centinaia di persone che hanno perso la vita nelle ultime settimane o mesi nella ricerca disperata di una esistenza più sicura e decente sono un campanello d’allarme per la comunità internazionale che nel nostro mondo globalizzato non riesce a conseguire gli obiettivi della solidarietà e della protezione”. E’ un passo dell’intervento dell’osservatore permanente della Santa Sede, mons. Silvano Maria Tomasi, alla 57.ma sessione del Comitato esecutivo del Programma dell’Alto Commissario ONU per i rifugiati (ACNUR), svoltasi all’inizio di ottobre. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nel suo intervento, mons. Tomasi ha sottolineato che “la distinzione tra migranti, persone in cerca d’asilo e rifugiati è stata confusa… indebolendo la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 così come la Convenzione che disciplina determinati aspetti del problema dei rifugiati in Africa”, adottata nel 1969 dall’allora Organizzazione dell’Unione Africana. L’osservatore permanente della Santa Sede ha poi esortato a fare in modo che la protezione e l’assistenza prevista dalle Convenzioni di Ginevra venga garantita anche ai richiedenti asilo che spesso vivono “in uno stato virtuale di limbo”, come gli iracheni sparsi in Medio Oriente.
Nel mondo oltre 5,7 milioni di rifugiati
Queste persone sono vulnerabili e i conflitti – ha spiegato mons. Tomasi – impediscono il loro rimpatrio e nel Paese dove risiedono provvisoriamente il loro status non è riconosciuto ed è quasi quello di apolidi. Per aiutare non solo quanti “nel mondo, attraverso mari e deserti, lottano per fuggire dalla guerra, dalla violazione dei loro diritti umani, dalla fame” ma anche gli “oltre 5,7 milioni di rifugiati” e circa 24 milioni di sfollati interni, sono necessarie ulteriori risorse. Ma queste – ha sottolineato il presule – non sono sufficienti.
Il rispetto dei diritti umani al posto della logica dei conflitti
Basterebbe – ha aggiunto – una piccola parte di quanto si spende in armamenti per “alleviare le sofferenze di una umanità non protetta”. Occorre “una volontà politica” per dedicarsi alla prevenzione del dramma di quanti vengono forzatamente sfollati. “La via del dialogo e del rispetto dei diritti umani – ha auspicato mons. Tomasi – può sostituire quella dei conflitti”. Grazie alle classiche strategie di rimpatrio volontario, integrazione locale e ricollocamento – ha concluso il presule – i campi profughi potranno in futuro scomparire dalle mappe del mondo.
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