Predica di Quaresima di p. Cantalamessa
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
La prima meditazione di Quaresima, alla presenza del Papa e della Curia Romana, è dedicata alla Beatitudine dei puri di cuore. Il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, sottolinea come istintivamente si sia portati a pensare che la virtù della purezza sia l’equivalente del sesto comandamento: “Non commettere atti impuri”. “Ma la purezza del cuore – aggiunge padre Cantalamessa – non indica, nel pensiero di Cristo, una virtù particolare, ma una qualità che deve accompagnare tutte le virtù”. Il suo contrario più diretto non è quindi l’impurità, ma l’ipocrisia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
L’ipocrisia è il peccato denunciato con più forza da Dio nella Bibbia perché declassa Dio, lo mette al secondo posto, collocando al primo le creature. “Coltivare l’apparenza più che il cuore – ha avvertito padre Cantalamessa – significa dare più importanza all’uomo che a Dio”. L’ipocrisia è dunque essenzialmente mancanza di fede ma è anche “mancanza di carità verso il prossimo, nel senso che tende a ridurre le persone ad ammiratori”. “Il giudizio di Cristo sull’ipocrisia – ha ricordato il predicatore – è senza appello”: gli ipocriti hanno già ricevuto la loro ricompensa.
Ritratto del puro di cuore
Una ricompensa – aggiunge – che si rivela illusoria anche sul piano umano perché “la gloria fugge chi la insegue e insegue chi la fugge”:
“Da questo appare che il puro per eccellenza – ne è esistito uno solo sulla faccia della Terra – è Lui stesso: è Gesù. Infatti, le Beatitudini sono l’autoritratto di Gesù, quello che Lui era e che propone agli altri. Di Lui, i suoi avversari sono costretti a dire: Sappiamo che sei veritiero, non ti curi di nessuno, infatti non guardi in faccia gli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. Questo è il ritratto del puro di cuore”.
Le tre direzioni in cui la Beatitudine dei puri di cuore è stata recepita dai Padri della Chiesa, sono l’interpretazione morale, l’interpretazione mistica e quella ascetica. In chiave morale, la Beatitudine dei puri di cuore è “schiettezza che si oppone all’ipocrisia”: consiste infatti nel rifiuto di praticare la giustizia davanti agli uomini per essere ammirati. La Beatitudine è interpretata anche in funzione della contemplazione: bisogna purificare il cuore per renderlo specchio nel quale riflettere l’immagine di Dio. L’interpretazione ascetica si riferisce alla castità interiore del cuore: essa chiude il cuore “alle cose terrene e ai fallaci allettamenti, mentre lo apre alle cose celesti e alla verità”.
Ipocrisia vizio più diffuso
Queste interpretazioni – sottolinea padre Cantalamessa – rimangono fedeli all’impostazione di Gesù e riconducono tutto il discorso al cuore, all’interiore. Dopo l’esegesi, il predicatore della Casa Pontificia attualizza la Beatitudine dei poveri di spirito. “L’ipocrisia – fa notare – è oggi il vizio più diffuso e meno confessato e questa tendenza all’ipocrisia è accresciuta enormemente nella cultura dominata dai mass media”, che rende difficile distinguere gli avvenimenti reali dalla loro rappresentazione. Sentiamo padre Cantalamessa:
“Il fatto nuovo e inquietante di oggi è che si tende ad annullare questo divario, trasformando la vita in uno spettacolo. E non parliamo dei reality show che sembra che imperversino sulle televisioni di tutto il mondo e stanno creando una mentalità, uno stile di vita. Lì si tende a far coincidere la vita con lo spettacolo.
Il richiamo all’interiorità – conclude padre Cantalamessa – “è un invito ai credenti a non lasciarsi travolgere da questa tendenza”, che svuota la persona riducendola a un’immagine, a un simulacro.
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