Attacchi anti-cristiani in Nigeria. Intervista con il nunzio

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Nigeria, anche la comunità islamica ha fermamente condannato gli attentati di Natale contro la comunità cristiana. Gli attacchi contro tre chiese cristiane del Paese, rivendicati dal gruppo fondamentalista islamico Boko Haram, hanno provocato almeno 40 morti e numerosi feriti. Il dramma della violenza, in Nigeria, è un vero e proprio cancro da estirpare. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il nunzio apostolico nel Paese, mons. Kasujja Augustine:

 

R. – L’attacco di domenica, nel giorno di Natale, sembra mostrare esattamente che c’è un cancro che deve essere estirpato immediatamente, non soltanto dai cristiani o dalla politica; forse ci vorrebbe anche un incontro della Commissione nazionale interreligiosa tra cristiani e musulmani per studiare insieme come prevenire queste violenze. Come diceva l’autorità locale, se questa bomba così potente è arrivata in Chiesa, sicuramente qualche persona sapeva oppure ha visto.

Dopo l’attacco, nervosismo e rabbia

D. – Qual è in questo momento la situazione in Nigeria dopo gli attacchi che hanno colpito le chiese?

R. – “Dopo l’attacco alla chiesa di Santa Teresa c’è stato un gran nervosismo e anche rabbia. Mi sono recato là soltanto l’indomani, insieme con l’arcivescovo, dopo aver visitato i feriti all’ospedale ad Abuja, per consolarli e portare loro la presenza della Chiesa. Poi c’è stato il messaggio del Santo Padre nel giorno di Natale e nella Festa di Santo Stefano che ha aiutato a calmare gli spiriti, soprattutto nella zona dove è accaduto l’attacco. Ha aiutato molto, non soltanto per consolare, ma anche per recepire quanto accaduto con responsabilità piuttosto che con violenza”.

Incoraggiati dal Santo Padre

“La stessa festa di Santo Stefano, il primo martire della Chiesa è già un’omelia per questo popolo che ha sofferto il giorno stesso di Natale. Alla celebrazione eucaristica di lunedì, festa di Santo Stefano – che è stata la prima Messa celebrata nella Chiesa di Santa Teresa dopo l’attentato – sono venuti molti fedeli. Questo significa che il messaggio del Santo Padre li ha incoraggiati”.

Non è una guerra di religione

D. – Una prima lettura superficiale di quanto accaduto in Nigeria potrebbe far sembrare che si tratti di una guerra di religione. In realtà non è così. Sono altri i motivi legati a questi fatti così drammatici…

R. – Vari osservatori non mancano di dire che dietro questi attacchi ci siano anche motivazioni politiche. Ma questo è da verificare… Già un mese fa, quando hanno arrestato un portavoce del movimento Boko Haram, sembra che questa persona abbia rivelato l’esistenza di alcuni contatti con esponenti politici. Uomini politici che stavano dietro gli ordini di questa gente.

Contatti tra Boko Haram e politica

D. – Il gruppo Boko Haram avrebbe dunque contatti con il mondo politico della Nigeria…

R. – In base a quanto è stato rivelato, quando è stato arrestato, il mese scorso, questo ex portavoce, condannato a tre anni di carcere, sembra sia vero.

Politica e violenze

D. – E quale sarebbe l’interesse della politica nell’alimentare queste violenze?

R. – Sembra che da quando abbiamo avuto le elezioni politiche ad aprile scorso, questo gruppo Boko Haram si sia rinforzato ancora di più. Immediatamente, dopo le elezioni, le violenze si sono intensificate, soprattutto nella parte settentrionale della Nigeria. C’è la voce secondo cui alcuni politici del nord non erano contenti che fosse stato eletto un presidente proveniente dal sud, un presidente cristiano…

Rischi legati ad Al Qaeda

D. – C’è il rischio che nell’Africa subsahariana arrivi in modo purtroppo sempre più forte al Qaeda ed il fondamentalismo?

R. – Boko Haram è un gruppo fondamentalista fondato nel 2002 e sta crescendo. I mezzi che aveva allora, oggi cominciano ad essere più sofisticati. Allora vuol dire che qualcuno li lascia passare ed entrare nel Paese. Ma è possibile fermare questo gruppo se ci sono le volontà.

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