Bergamo: tra le armi contro la pandemia il lavoro, la fede e la solidarietà
© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews: Dalla Valle Seriana, una delle zone più segnate dalla piaga del Covid-19, la testimonianza di una giovane universitaria che da casa osserva il suo paese in quarantena.
È passato oltre un mese dall’inizio dell’emergenza legata al coronavirus. La Lombardia resta, in Italia, la regione più colpita. La Valle Seriana, fulcro del focolaio nella zona bergamasca, è ancora in ginocchio. Ma la popolazione, seppur segnata da questa dura prova, reagisce con le armi dell’impegno laborioso e, soprattutto, della solidarietà. Tratti distintivi, questi, di una comunità che in questo momento di grande sofferenza non si sente sola, grazie anche all’affetto dimostrato dall’Italia intera e non solo. Questa è la testimonianza di Chiara Colotti, residente nel comune di Ponte Nossa in provincia di Bergamo, nella Valle Seriana.
R. – La provincia di Bergamo, in particolare l’alta Valle Seriana, è una delle zone più colpite dall’emergenza per il Covid in Lombardia. La nostra Valle sta piangendo e sta soffrendo. Le sirene delle ambulanze sono divenute, ormai, un suono che accompagna la nostra quotidianità. Stiamo perdendo un’intera generazione. È la generazione dei nostri nonni. Una generazione ricca di storia, di esperienze, di insegnamenti fondamentali per noi giovani, ma anche per il futuro dell’umanità intera. I medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario sono allo stremo delle loro forze. Nonostante questo, i bergamaschi anche in questo momento di dolore e di sconforto per la perdita dei propri cari e anche di paura per i malati e in generale per il futuro, non si lasciano abbattere. Se dovessi descrivere con poche parole i bergamaschi direi che sono persone che parlano poco, ma lavorano tanto. Sono l’esempio concreto di ciò che ha detto Papa Francesco. Attraverso le opere di carità, dimostriamo la nostra fede e la carità più alta è quella che si esercita verso chi non è in grado di ricambiare. I bergamaschi stanno esprimendo la loro fede attraverso l’impegno per gli altri, attraverso opere di generosità e di solidarietà e anche attraverso il lavoro. Questo periodo di ostacoli e di paura certamente non ci sta fermando. Stiamo andando avanti, nonostante tutto, e ognuno si impegna in ciò che gli riesce meglio.
Questo è un periodo segnato purtroppo tante ombre e si raccolgono tante lacrime. Ma in questa situazione drammatica non mancano, comunque, segnali di speranza. A Bergamo sarà prossimamente operativo, ad esempio, l’ospedale da campo…
R. – A Bergamo sta prendendo forma l’ospedale da campo che sarà pronto a breve. Ed è stata una corsa contro il tempo per realizzare una struttura fondamentale e strategica per la lotta al coronavirus. Inizialmente, doveva essere un semplice ospedale da campo. In realtà, ospiterà anche una farmacia, un reparto di analisi e di radiologia e letti per la degenza e per la terapia intensiva. A lavorare a questa impresa, che ha lasciato tutti a bocca aperta per la rapidità per l’organizzazione e soprattutto per il cuore che è stato messo sin dall’inizio, ci sono moltissimi artigiani. Non hanno esitato a rispondere all’appello, lanciato dal presidente di Confatrigianato, e hanno mandato in tilt il sistema e-mail. Insieme a loro ci sono tra gli altri la Protezione Civile, gli alpini, i tecnici di Emergency, i ragazzi della Curva Nord dell’Atalanta. Stanno tutti lavorando per completare una struttura che ospiterà 140 posti letto, di cui 72 in terapia intensiva. È davvero un grande esempio, una grande dimostrazione di solidarietà.
Tutta la comunità è impegnata ad aiutare. Questa grande solidarietà viene assicurata sia dalle grandi aziende sia dalle piccole attività commerciali…
R. – Quella dei bergamaschi è una solidarietà a 360 gradi. Ha coinvolto tutti: aziende grandi e piccole e tutte le comunità. Le imprese della zona non hanno perso tempo e si sono subito mobilitate e donando apparecchiature e dispositivi medici. Cinque respiratori sono stati donati da una realtà imprenditoriale del territorio all’ospedale Locatelli di Piario per sostenere questa piccola struttura sanitaria nell’affrontare enormi difficoltà. Sono tante le donazioni che stanno arrivando e che confermano la generosità senza confini della nostra Valle. Sono state lanciate diverse iniziative con l’aiuto di laboratori di sartoria per la realizzazione di mascherine chirurgiche che, ancora oggi, continuano ad essere distribuite su tutto il territorio. Ci sono poi pizzerie e ristoranti della zona che si sono mobilitati portando parti da asporto ed offrendo prendo pizza, focacce, pane e alimenti a coloro che ne hanno più bisogno. I comuni stanno creando e potenziando servizi di supporto per le fasce più deboli e vulnerabili. Ad esempio, vengono assicurati il servizio pasti per gli anziani e il servizio fotocopie per garantire la continuità didattica per i più piccoli. Una solidarietà che ha coinvolto anche i più giovani impegnati nel portare la spesa agli anziani e a coloro che si trovano in una situazione di difficoltà. Bergamo è l’immagine di una comunità che non si ferma e non si vuole fermare. A Bergamo si è mobilitata una vera e propria macchina della solidarietà, attivata dalle persone per le persone stesse. Questo è il segno di un territorio che non vuole mollare. Un territorio abitato da persone che potrebbero sembrare schive ma sono persone che hanno davvero un cuore grande. E non ci pensano due volte ad aiutare il prossimo. Stiamo vivendo sulla nostra pelle una esperienza drammatica. Nella drammaticità, la nostra comunità si sta rigenerando e sta riscoprendo le proprie radici. Radici fatte di generosità, di solidarietà e aiuto verso il prossimo. I bergamaschi sono un popolo che è sempre stato abituato a lavorare a testa bassa, a non tirarsi indietro di fronte agli ostacoli. Ed ora, più che mai, lo stiamo dimostrando.
Questo grande cuore bergamasco si unisce all’abbraccio, all’affetto che sta arrivando da tutta Italia…
Stiamo percependo una grandissima solidarietà dall’Italia intera. Ed è una solidarietà che sta valicando ogni confine geografico. Sono arrivati medici da Cuba, dalla Russia. Stiamo ricevendo moltissimi aiuti e si continua a percepire, in maniera molto forte, anche la solidarietà da parte delle varie regioni italiane. Ci sono i medici che hanno lasciato le proprie regioni e sono venuti in Lombardia per aiutarci ad affrontare questa sfida. Sicuramente non siamo stati lasciati da soli dall’Italia intera e questo è importante.