Concilio di Nicea, fonte e direttrice di unità

0

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews A questo grande evento ecclesiale, tenutosi 1700 anni fa, sono dedicati un convegno e una mostra promossi dalla Pontificia Università Gregoriana. Un’occasione per soffermarsi, nel tempo del Giubileo, sul cammino verso l’unità anche sulla base comune del Credo niceno, fondamento della fede cristiana. Il decano della facoltà di teologia Philipp Renczes: “in questo momento ci stringiamo a Papa Francesco con la preghiera”.

In questo Anno giubilare dedicato alla speranza spicca una ricorrenza molto significativa: sono infatti trascorsi 1700 anni dalla celebrazione del primo Concilio ecumenico, quello di Nicea. Si tratta di una “pietra miliare”, come sottolinea Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo 2025. Per tutti i cristiani rappresenta un evento in cui identificarsi e trovare unità. È uno dei grandi capitoli della storia della Chiesa. Il Concilio viene convocato dall’imperatore Costantino nel 325 con il compito di preservare l’unità, “seriamente minacciata – come ricorda Francesco nel documento “Spes non confundit” – dalla negazione della divinità di Gesù Cristo e della sua uguaglianza con il Padre”. Il Concilio di Nicea, al quale prendono parte circa 300 vescovi tra legati del Papa e rappresentanti della Chiesa orientale, condanna l’eresia di Ario. Da Nicea giunge un invito ancora attuale, rivolto a tutte le Chiese e Comunità ecclesiali: quello di procedere nel cammino verso l’unità. I Padri conciliari utilizzarono “per la prima volta l’espressione Noi crediamo”.

Un convegno in due tappe

Il solco tracciato 1700 anni fa resta dunque una fonte a cui attingere. A Nicea si è stabilito il Credo, fondamento della comune fede cristiana, che si recita tutte le domeniche nella liturgia. La Pontificia Università Gregoriana celebra questo anniversario, che si interseca con il Giubileo, con il convegno, intitolato “The Confession of the Council of Nicaea: History and Theology”, in programma a Roma dal 27 febbraio al primo marzo e all’Università di Münster, in Germania, dal 15 al 17 ottobre. L’obiettivo è quello di promuovere il dialogo tra la ricerca storica sul Concilio di Nicea e le questioni teologico-sistematiche relative al significato attuale del Credo niceno. A questi appuntamenti si aggiunge un altro evento: la mostra “Of All Things Visible and Invisible”, visitabile dal 27 febbraio al 13 marzo. Questa esposizione, allestita nell’atrio dell’Università Gregoriana, mira a cogliere il significato teologico dell’arte in relazione al primo concilio ecumenico della Chiesa. Le immagini portano all’antica città di Nicea, che oggi si chiama Iznik e si trova in Turchia. Una meta di pellegrinaggi che, in questo Anno Santo, si congiunge in modo speciale con Roma, dove convergono pellegrini da tutto il mondo per il Giubileo della speranza.

Vicinanza a Papa Francesco

I lavori del convegno sono stati aperti stamani a Roma dal rettore della Pontificia Università Gregoriana Mark Lewis. Il Concilio di Nicea ha delle implicazioni per l’identità cristiana esattamente come 1700 anni fa. Il Concilio ci ricorda come la fede ci identifichi anche oggi come cristiani. Michael Seewald, dell’Università di Münster, ha sottolineato che l’idea di organizzare un convegno congiunto tra l’Università Gregoriana e quella cattolica in Germania è nata durante una conferenza sulla sinodalità tenutasi due anni fa a Roma. Entrambe le istituzioni, ha spiegato, si distinguono per una forte sensibilità ecumenica. L’obiettivo del convegno, moderato dal professor Amaury Begasse de Dhaem, direttore del Dipartimento di Teologia Dogmatica, è quello di pensare insieme le dimensioni della storia e della teologia legate al Concilio di Nicea. La cornice internazionale del convegno, ha detto Michael Seewald, si riflette poi nella direttrice ecumenica di quell’evento avvenuto nel 325 a Nicea. Al convegno partecipano infatti rappresentanti di varie confessioni cristiane. Il decano della Facoltà di Teologia, Philipp Renczes, ha sottolineato che l’attenzione del congresso è stata posta anche sull’oriente cristiano. Il convegno che si snoda in due appuntamenti e diverse sedi offre, inoltre, la possibilità di analizzare il Concilio di Nicea sotto diverse angolazioni. Il congresso si svolge poi in un tempo particolare: “ci stringiamo con la preghiera a Papa Francesco”. “Non si terrà – ha detto il decano Philipp Renczes – l’udienza con il Pontefice che era stata programmata sabato primo marzo”.

La nascita del sinodo e la novità del Concilio di Nicea

La professoressa Emanuela Prinzivalli, dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, ha innanzitutto ricordato che il termine greco sinodo (σύνοδος) significa incontro e il suo equivalente latino è concilium. Il sinodo cristiano, ha spiegato, è la riunione di delegati di diverse Chiese al fine di risolvere problemi e controversie. Si possono identificare ad esempio come sinodi le riunioni per ricomporre le divergenze sulla data pasquale tenutesi nel secondo secolo. Accanto ai sinodi ci sono altri tipi di assemblee dove un esperto viene chiamato per risolvere una controversia. I protagonisti in questo caso sono gli esperti, i didascaloi. Sono molteplici, ha osservato la professoressa Prinzivalli, i fattori che configurano il Concilio di Nicea: si deve innanzitutto notare che la storia dell’Impero romano e quella del cristianesimo si intrecciano. La storia dell’Impero romano “sta andando verso un regime di christianitas” e l’imperatore Costantino convoca il Concilio per la sua prerogativa di essere Pontifex Maximus. Per tutta l’antichità i Concili erano considerati ecumenici perché convocati dall’imperatore. Un elemento di novità risiede poi nel fatto che “le diposizioni conciliari avevano un valore legislativo”. Anche se a Nicea si discussero vari temi, tra cui la data pasquale, il centro della riunione è stata la contesa dottrinale sull’arianesimo. Il simbolo niceno intende “gettare lo sguardo sull’immanenza divina” ed è la prima volta che un Sinodo decide la sottoscrizione di un Credo. Anche i canoni di Nicea rappresentano una novità in cui vengono trattati vari temi con aspetti anche giuridici e disciplinari. Nell’intervista rilasciata a Radio Vaticana – Vatican News la professoressa Prinzivalli ha inquadrato da punto di vista storico e teologico il Concilio di Nicea.

“Il Concilio di Nicea nasce in seguito a dei problemi di alcune delle principali sedi episcopali d’Oriente, tra cui Alessandria ed anche Antiochia”. Le discussioni richiesero un intervento maggiore e “tradizioni teologiche che non si erano mai incontrate – sottolinea la professoressa  Prinzivalli – si incontrarono a Nicea”. Un evento, quello avvenuto nel 325, che ci insegna i chiaroscuri della storia. Da Nicea emerge “un dialogo tra posizioni diverse”. Fu determinante l’apporto dell’imperatore Costantino. Come Pontifex Maximus, Costantino è “il supremo garante della stabilità dell’Impero attraverso il mantenimento della pax deorum che per lui era ormai pax dei christianorum”. Questo non cambia la sostanza: “è una sua responsabilità garantire la pace religiosa”. La cosa positiva è la ricerca dell’unità: “Costantino a suo modo ricercò l’unità, una pace religiosa che potesse garantire anche il popolo”. È anche unità vedere che il Concilio di Nicea – oggi Iznik, città meta di pellegrinaggi – si congiunge in qualche modo a questo tempo Giubileo della speranza. “L’unità non è mai qualcosa di garantito, la dobbiamo sempre ricercare”.

Il Concilio di Nicea e l’oriente cristiano

Tra i relatori del convegno Daniel Galadza, del Pontificio Istituto Orientale, affronta il tema della ricezione liturgica del Concilio Nicea. Nell’intervista rilasciata a Radio Vaticana – Vatican News ricorda innanzitutto l’importanza di questo storico evento per le Chiese orientali.

Per le Chiese orientali, osserva Daniel Galadza, quello di Nicea “è il primo Concilio ecumenico”. Questo evento “viene commemorato in quasi ogni tradizione delle varie Chiese orientali nell’anno liturgico con una festa particolare”. Nel rito bizantino questa commemorazione, ad esempio, “avviene la domenica dopo la festa dell’Ascensione”. Questo rispecchia il fatto storico poiché “il Concilio è avvenuto in quel periodo”. Ed è anche collegato all’Incarnazione di Cristo, al fatto che “la natura umana viene divinizzata”. Il Concilio di Nicea, dal punto di vista del mondo orientale, “è stato ricevuto nel contesto di altri Concili”. La dichiarazione che “Christo è vero uomo e vero Dio” risponde all’eresia dell’arianesimo. L’espressione del Filioque aggiunta dalla Chiesa latina al Credo niceno-costantinopolitano, ovvero che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ha una precisa connotazione: si intende sottolineare questa natura divina del Figlio. Quella del Filioque è stata una delle cause di dissenso tra le Chiese d’Oriente e di Occidente. Nel ventesimo secolo, a seguito di dialoghi ecumenici tra cattolici e ortodossi, si è visto in realtà che questo non è un argomento divisivo. “Forse la Chiesa latina può riflettere e vedere se si può togliere il Filioque per tornare alla forma più antica”.

La data della Pasqua

Al Concilio di Nicea si è parlato anche della questione relativa alla data in cui celebrare la Pasqua. Era stata espressa nel quarto secolo, ricorda Daniel Galadza, la volontà di “celebrare la Pasqua insieme”: l’imperatore Costantino, riferisce Eusebio di Cesarea, voleva che i cristiani la celebrassero in una unica data. Una delle decisioni prese durante il Concilio di Nicea fu quella di non celebrare la Pasqua con gli ebrei. Nel dodicesimo secolo vari canonisti bizantini hanno anche aggiunto “che non si deve celebrare la Pasqua prima degli ebrei”. Oggi nel calendario gregoriano la Pasqua può precedere la Pasqua ebraica. “Quello che si deve capire è perché a Nicea era stata data quella disposizione: gli studiosi sostengono che non erano motivi legati all’antisemitismo ma dovuti al fatto che, dopo varie distruzioni di Gerusalemme, anche gli ebrei stessi avevano perso il loro modo di calcolare la Pasqua in modo affidabile”. “Adesso, in questo anniversario in cui ricorrono 1700 anni dal Concilio di Nicea, si potrebbe rivedere tale questione, su come celebrare la Pasqua, quando celebrarla”. La speranza, conclude Daniel Galadza, è che si possa arrivare ad avere “una unica data di Pasqua”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *