Epifania, card. Betori: i poveri sono la stella da seguire

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© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews– La Chiesa ci invita oggi a meditare sul cammino dei Magi alla ricerca del Messia. Su questa solennità, intervista con l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori.

L’Epifania è un cammino verso Dio che si manifesta al mondo. Con queste parole il cardinale Giuseppe Betori condensa, in una intervista a Vatican News, il senso dell’odierna solennità. Dio – aggiunge – si incontra tra gli uomini. Ascolta l’intervista:

R. – È un cammino verso Dio, ma è verso quel Dio che si è fatto uomo: Dio non si incontra nel Cielo, in mezzo alle stelle che pure danno un segnale della loro presenza, ma in mezzo agli uomini, in una piccola città della Giudea, Betlemme, in una grotta tra un uomo e una donna che hanno accolto il Figlio di Dio nato da Maria. Quindi, questo pensiero di un cammino che ci porta a Dio ci inserisce, da una parte, in quella che è un’esperienza umana e religiosa di sempre, e dall’altra, però, anche nella consapevolezza che Dio non lo si incontra fuori dall’umanità, ma là dove Egli si incarna: nell’umanità.

Verso questa grotta, verso Dio, si mettono in cammino i Magi. Chi sono i Magi e cosa rappresentano?

R. – Direi che sono il simbolo di tutta la ricerca umana: proprio perché va a convergere in quella grotta, ci dice che, quando è autentica, ogni ricerca umana non può avere altra meta se non Dio stesso.

A proposito di ricerca di senso, la stella guida i Magi nel loro cammino. Quale è oggi la stella da seguire per gli uomini del nostro tempo?

R. – Qui oserei un po’ ribaltare la pagina evangelica. Seguendo il nostro Papa Francesco, direi che i segni più evidenti di Dio che oggi ci vengono dati sono i poveri. Non dobbiamo distaccare il nostro sguardo dalla terra dove riluce la luce di Dio negli occhi dei poveri che chiedono il nostro amore, la nostra attenzione, il nostro servizio. Credo che oggi i messaggi più forti che ci rimandano a Dio sono proprio i messaggi della povertà: là dove l’umanità è messa alla prova nelle sue condizioni più estreme, scorgiamo il bisogno più alto della manifestazione di Dio attraverso i gesti dell’amore.

Dunque riconoscere il vero Dio, riconoscere la luce di Dio, significa anche andare controcorrente, sfidare l’ideologia di un mondo che sempre più spesso scarta i poveri, i malati, i migranti…

R. – Direi proprio di sì perché proprio il mettere i poveri al centro laddove invece la società li mette ai margini per non lasciarsene inquietare troppo, è davvero un richiamo forte sia dal punto di vista personale sia da un punto di vista sociale. Una ideologia dell’egoismo, dell’individualismo – su cui tante società del consumo e del profitto oggi sono fondate – cerca di chiudere gli orizzonti in prospettive molto immediate. Prospettive che però non danno risposta a quel bisogno di senso che solo l’amore e l’amore gratuito, quello verso il povero, riesce ad esprimere in maniera più significativa.

Eminenza, la festa della befana è sempre più radicata, soprattutto in Occidente, ed è molto amata, in particolare dai più piccoli. C’è il rischio che questa festa possa in qualche modo svilire il vero significato della Solennità dell’Epifania?

R. – Nella festa dei piccoli tutto è portato verso il dono. Il dono in sé è una bellissima cosa, ma il problema è che la materialità del dono prende il sopravvento sul significato del dono. Mi ricordo che quando io ero piccolo non avevamo i grandi doni che oggi vengono fatti ai nostri ragazzi, ma eravamo ugualmente felici perché sentivamo nel dono l’espressione di un amore, un amore di qualcuno che ci amava e che aveva pensato a noi. Credo che se tra la consistenza e l’atto del dono riusciamo a far passare l’attenzione meno sul contenuto e più sul gesto e sul significato che sta nel gesto stesso, salviamo anche la Befana da questo punto di vista.

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