Istat: né studio né lavoro per 2 milioni di giovani
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Gli effetti prodotti in Italia dalla crisi su imprese e capitale umano. Criticità e potenzialità per il sistema Paese. Questi i temi al centro del Rapporto annuale dell’Istat, presentato oggi a Roma. Lo studio, aiutando a comprendere le conseguenze della crisi – sottolinea in un messaggio il presidente italiano Giorgio Napolitano – “può fornire ai decisori politici un importante supporto conoscitivo”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nella fotografia dell’Istat prevalgono dati negativi. Acuti appaiono gli effetti della recessione. L’Italia ha la quota più alta in Europa di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano: 2 milioni 250 mila nel 2012, pari al 23,9%, circa uno su quattro. In un anno, sono aumentati di 100 mila unità. Nel 2012, il potere d’acquisto delle famiglie italiane ha registrato una diminuzione del 4,8%. Al calo del reddito disponibile (-2,2%) è corrisposta una flessione del 4,3% delle quantità di beni e servizi acquistati.
15 milioni gli italiani con disagi economici
L’incidenza delle imposte correnti sul reddito disponibile delle famiglie è salita al 16,1%, raggiungendo il livello più alto dal 1990. Sono quasi 15 milioni, a fine 2012, gli individui in condizione di deprivazione, circa il 25% della popolazione (40% al Sud). In una situazione di grave disagio, in particolare, si trovano 8,6 milioni di persone, cioè il 14,3%, con un’incidenza più che raddoppiata in due anni. La crisi si riflette in vari ambiti. Maria Carone, direttore generale dell’Istat:
“La profondità e la straordinaria durata della crisi economica sta producendo effetti significativi anche sulla dimensione psicologica della popolazione. Tale dimensione, oltre a essere elemento essenziale per la tenuta della coesione sociale, condiziona la capacità di reazione del sistema economico e l’efficace credibilità dell’azione di politica economica”.
Italiani comunque fiduciosi
Nonostante la crisi e queste criticità, gli italiani guardano comunque in positivo al futuro. Sono soprattutto i giovani, fino a 34 anni, ad essere i più ottimisti. Dal Rapporto emerge inoltre un generale riconoscimento del ruolo positivo delle relazioni interculturali e della multiculturalità. Per quasi il 63% degli intervistati, gli immigrati non tolgono lavoro agli italiani. Cala invece la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Diffusa, infine, l’insoddisfazione dei cittadini verso il Parlamento e i partiti politici.