Il Papa invita a pregare per rifugiati
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Nell’intenzione di preghiera per il mese di agosto, Benedetto XVI invita tutti i fedeli a invocare il Signore “perché sia più avvertito dalla pubblica opinione il problema di milioni di sfollati e rifugiati e si trovino soluzioni concrete alla loro situazione spesso tragica”. Su questa intenzione di preghiera si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, Servizio dei gesuiti per i rifugiati:
R. – Siamo contenti che il Santo Padre ci sostenga, invitandoci a pregare per i 42 milioni di rifugiati che ci sono nel mondo. Questo dovrebbe risvegliare le coscienze di quanti hanno la responsabilità ed il potere di cambiare le sorti di questo mondo. Sorti che ci preoccupano fortemente come credenti, perché i diritti delle persone vengono calpestati anche se si parla sempre di un’attenzione verso di loro. In Italia, in questo momento, con il nuovo decreto sicurezza, siamo profondamente preoccupati per le sorti dei rifugiati. Viene riconosciuto loro il diritto all’asilo politico in quanto firmatari della Convenzione di Ginevra, però di fatto glielo neghiamo perché impediamo loro di arrivare e quindi di fare richiesta.
Milioni di persone vittime di persecuzioni
D. – Milioni di persone, ogni anno, sono costrette a lasciare le loro case e a cercare protezione in un altro Paese: sono vittime di persecuzioni, violenze e guerre di cui sappiamo anche molto poco. Dalle loro storie quale insegnamento possiamo ricavare?
R. – Il primo insegnamento è quello di un forte credo nella speranza e nella vita. Non possiamo considerarci non responsabili di quanto sta accadendo nel nostro mondo. Anche con le nostre scelte quotidiane possiamo avallare questo modo di fare o possiamo dire ‘no’. Possiamo volere che questo mondo cambi, in modo da consentire a tutti di vivere in pace e di professare la propria fede nella propria terra, nella propria cultura e con la famiglia, mantenendo il proprio lavoro.
Coscienza solidale
D. – Il Papa prega perché il dramma di sfollati e rifugiati sia avvertito dall’opinione pubblica. E’ realmente possibile diffondere una coscienza solidale globale?
R. – E’ possibile. Tutto il nostro impegno è indirizzato verso questo. Ci sembra che molti abbiano messo al primo posto, nella loro vita, altre priorità rispetto a ciò che è veramente importante: la vita stessa, nel rispetto della dignità dei nostri fratelli che soffrono.
Accoglienza
D. – Proteggere sfollati e rifugiati è quindi una sfida mondiale che spesso non trova soluzioni adeguate. Quali risposte possono dare gli Stati e i singoli cittadini?
R. – L’accoglienza: riconoscere l’altro nella propria dignità di persona, riconoscerlo come fratello. Da questo sforzo inizia la possibilità di entrare in relazione con chi è in difficoltà. Comincia la possibilità di comprendere che in questo nostro mondo ci sono delle guerre, anche se ci sembrano lontane. Questo non può lasciarci indifferenti. Ci rattrista poi il fatto che l’Unione Europea diventi sempre più una fortezza concentrata sul contrastare il fenomeno degli arrivi piuttosto che preoccuparsi delle persone, accogliendole e capendo cosa non sta funzionando. Si devono aiutare rispettando la vita delle persone che sono costrette a venire in Italia e in Europa.