Povertà, Report di Caritas italiana
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Italiani sempre più in difficoltà a causa della crisi. Nei primi sei mesi del 2014, più di 45 mila persone hanno chiesto aiuto a 531 Centri di ascolto delle Caritas (il 18,7% del totale). Quasi uno su due è italiano. E’ quanto emerge dal “Report su povertà ed esclusione sociale” in Italia e in Europa, presentato oggi a Roma dalla Caritas italiana. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
In Europa, nel 2012 erano oltre 124 milioni i cittadini a rischio di povertà o di esclusione sociale. L’Unione Europea – si ricorda nel dossier – ha indicato come obiettivo quello di liberare, entro il 2020, almeno 20 milioni di persone dal dramma della povertà. Ma solo sei Paesi europei (Olanda, Repubblica Ceca, Germania, Portogallo, Polonia e Romania) hanno raggiunto, o quasi, il loro obiettivo nazionale. L’Italia è lontana dall’obiettivo prefissato di far uscire, entro il 2020, due milioni e 200 mila persone dalla povertà.
Oltre 6 milioni di persone in povertà assoluta
Complessivamente, in Italia nel 2013 le persone in povertà assoluta erano più di sei milioni. Di particolare gravità la questione meridionale. Nelle regioni del Sud, le persone che non riescono a far fronte alle spese base, quelle che garantiscono una vita dignitosa, sono il 14,6% del totale. Nel Report si sottolinea anche che, nel corso del 2013, Caritas italiana ha supportato le Caritas diocesane con sostegni economici mirati.
Il “Report su povertà ed esclusione sociale” si può leggere in una duplice e contrapposta prospettiva. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il direttore della Caritas Italiana, don Francesco Soddu:
R. – Quella in positivo, che è ciò che ha prodotto il Report, è l’impegno delle Caritas e quindi della Chiesa sul campo. L’altra è la conferma, purtroppo, dell’aumento della povertà in Italia e in Europa.
L’impegno delle Caritas
D. – A questi nuovi percorsi di impoverimento corrisponde anche un impegno maggiore e sempre più prezioso, da parte delle Caritas…
R. – Non soltanto un impegno, ma una maggiore specializzazione in quello che è l’approccio alle nuove povertà, alle quali non si deve rispondere con metodi vecchi. E’ importante che le Caritas siano sempre più specializzate e non soltanto indaffarate.
La questione meridionale
D. – Resta sempre aperta, e forse anche maggiormente acuita, la ferita della questione meridionale. Il Sud è sempre più abbandonato, così appare…
R. – Ahimè sì, ma questo non ci deve assolutamente far demordere, anzi serve un’attenzione a quelli che possono essere – di fatto sono e speriamo che non lo saranno – focolai ulteriori di povertà e di sacche di povertà. Se non sono tenute sotto controllo, rischiano di generare la generazione ulteriore di quello che purtroppo è matrice di nuove ingiustizie e povertà. Mi riferisco alla mafia, all’ndrangheta…
Inadeguate misure anti povertà
D. – Come giudicare le misure di contrasto alla povertà in atto in Italia e anche quanto contenuto nella Legge di stabilità?
R. – Certamente, sono insufficienti e inadeguate. Sono inadeguate perché è necessario farle incanalare non in un unico canale, ma generare almeno un doppio canale dove si fa la differenziazione tra povertà assoluta e povertà – diciamo così – normale, di cui si parla tutti i giorni. Facendole convergere in un unico canale, per l’appunto, si genera una realtà simile alle alluvioni che abbiamo visto in questi giorni a Genova… Bisogna fare un po’ di pulizia nei canali e generare altri canali.
D. – Una sorta di prevenzione economica?
R. – Si, chiamiamola cosi.