Quindici anni fa la piena del Tevere, “casa” degli invisibili

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Con la macchina del tempo radiofonica di “Doppio Click” torniamo al 27 novembre 2005, quando a Roma il Tevere raggiunse i 12 metri di altezza. La storia del fiume si lega a quella della città e della Chiesa, ma anche alle fragilità di persone senza fissa dimora che vivono sulle sue sponde in baraccopoli improvvisate.

Adagiato tra scorci contemporanei e vestigia magnificenti, si incunea tra rettilinei e tratti sinuosi. Immerso in un passato bimillenario disteso tra colli, chiese e monumenti, è l’inconfondibile sfondo di eventi decisivi nella storia dell’Impero romano e del cristianesimo. Il Tevere, con oltre 400 chilometri è uno dei fiumi più lunghi d’Italia. Attraversa quattro regioni – Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio – ed è ancora oggi un cuore pulsante, il battito di Roma che scorre attraverso secoli. Una memoria del passato e un ponte proteso verso il futuro.  Sulla sua riva destra sorge il colle Vaticano. In questa parte di città che guarda verso Oriente, si estende la zona di “Oltretevere”, dove si dirama lo Stato della Città del Vaticano con la piazza, la Basilica San Pietro e i suoi palazzi.

La piena del 2005

Solitamente il Tevere è una quieta cornice di scatti fotografici e panorami incomparabili come gli scorci dal ponte Sant’Angelo e la vista sulla basilica di San Pietro. Ma mostra, come è avvenuto varie volte nella storia, anche una furia prorompente che ha provocato esondazioni e allagamenti. La prima piena del fiume Tevere di cui si ha notizia risale al 241 d.C. Dopo questo evento, fino al 1870, sono state contate altre 49 inondazioni. In alcune strade di Roma si trovano ancora segni sui muri per indicarne la data e il livello. L’inondazione del 1870, in particolare, ha provocato ingenti danni e molte vittime. In quell’occasione il Tevere ha superato i 17 metri di altezza. Cinque anni dopo quella piena, Giuseppe Garibaldi pronuncia in Parlamento un discorso insistendo sulla necessità di avviare, prima possibile, dei lavori per la difesa di Roma da allagamenti ed esondazioni. Per porre un argine sono stati costruiti, a partire dal 1876, dei grandi muraglioni di contenimento. Dopo la realizzazione di quest’opera, quasi ultimata nel 1900, la piena del Tevere è diventata un fenomeno soprattutto da monitorare, come accaduto tra il 25 ed il 27 novembre del 2005 e poi anche nel 2008, nel 2012 e nel 2014. Nel 2005 il fiume ha raggiunto 12 metri di altezza, straripando in varie zone nel Lazio e in Umbria.

Il fiume e l’antica Roma

Nel periodo dell’antica Roma, in particolare, il Tevere ha ricoperto un ruolo primario nei commerci e nei trasporti. La stessa fondazione di Roma, con le vicende di Romolo e Remo, è legata a questo celebre corso d’acqua. “Non senza motivo gli dei e gli uomini – ha scritto lo storico romano Tito Livio – scelsero questo luogo per fondare la Città: colli oltremodo salubri, un fiume comodo attraverso il quale trasportare i prodotti dell’interno e ricevere i rifornimenti marittimi; un luogo vicino al mare quanto basta per sfruttarne le opportunità ma non esposto ai pericoli delle flotte straniere per l’eccessiva vicinanza al centro dell’Italia, adattissimo per l’incremento della città; la stessa grandezza di quest’ultima ne è la prova”.

Il Tevere e le invasioni dei barbari

Il fiume Tevere è stato anche “testimone” di eventi drammatici. Nel 410 Roma viene depredata e saccheggiata da un esercito di Visigoti. Le truppe di Alarico, prima di sferrare un brutale attacco, circondano la città e controllano le aree strategiche del fiume Tevere. La furia dei barbari si abbatte dei cittadini romani. Vengono devastati templi, luoghi pubblici e case private. Un altro ecento tragico è  il “Sacco di Roma”. Il 6 maggio 1527 è un giorno tragico per la città, che viene assediata dalle truppe dei lanzichenecchi. Vengono uccisi oltre 20 mila civili. Per difendere Papa Clemente VII muoiono 147 guardie svizzere. Solo 42 sopravvivono al massacro.  Ma riescono a portare Papa Clemente VII al sicuro a Castel Sant’Angelo, passando attraverso un passaggio segreto, il cosiddetto “Passetto”, non lontano dalle sponde del fiume.

Il fiume e il popolo dei senza fissa dimora

Le sponde del Tevere sono abitate da centinaia di persone che, per vari motivi, non hanno una casa. In tanti, abitano in tende sulle banchine, oppure in baracche di fortuna nella vegetazione. Una situazione che sembra peggiorata da quando è iniziata la pandemia di Covid 19. La chiusura di molte aziende ha mandato sul lastrico tante persone: artigiani, piccoli commercianti, gente che lavorava nel settore della ristorazione, che non hanno trovato beneficio dai vari decreti ristoro. Su questo tema si soffermano per questa puntata di Doppio Click don Andrea Palamides e a sorella Simona. Fanno parte della comunità Famiglia della Riconciliazione e assistono questi senza fissa dimora. Vivono nel cuore di Roma lungo gli argini del fiume Tevere tra tende e abitazioni di fortuna. Sono vite segnate dalla povertà, spesso anche dalla solitudine. Sono persone che la società moderna, forgiata dai modelli del consumismo, tende sempre più spesso a scartare e a non considerare. Per molti sguardi, distratti o indifferenti, sono invisibili. Sono invece persone da aiutare e assistere per superare quella che Papa Francesco definisce “cultura dello scarto”, come sottolinea nel corso della puntata la dottoressa Lucia Ercoli, responsabile dell’Istituto di Medicina Solidale e da sempre in prima linea per aiutare chi è più in difficoltà e vive proprio nei pressi del Vaticano.

Il Tevere, Roma e i Papi

Il fiume Tevere fa da sfondo anche a diversi discorsi dei Pontefici. Pio XII incontrando il 28 dicembre del 1939 i sovrani d’Italia al Quirinale, ha affermato: “Il Vaticano e il Quirinale, che il Tevere divide, sono riuniti dal vincolo della pace coi ricordi della religione dei padri e degli avi. Le onde tiberine hanno travolto e sepolto nei gorghi del Tirreno i torbidi flutti del passato, e fatto fiorire le sue sponde dei rami d’olivo”. Il 20 dicembre del 1972, in occasione del centenario del circolo canottieri “Tevere-Remo”, Paolo VI ha pronunciato queste parole: “Roma, bagnata dal Tevere fatale, alla quale Dio ha affidato la missione di essere, da venti secoli, il punto irraggiante della fede cristiana”. Il 20 aprile del 1986, dopo la recita del Regina Coeli, Giovanni Paolo II ha ricordato la fondazione di Roma: “Da quando il Pescatore di Galilea, designato dal Salvatore degli uomini a pascere il gregge del nuovo popolo di Dio, approdò alle rive del Tevere, la Chiesa, una santa cattolica apostolica, divenne anche romana”. Il Tevere può essere anche lo spunto per riflettere sul rapporto tra uomo e ambiente in tempo di pandemia. Nell’Angelus dello scorso 21 giugno, Papa Francesco ha ricordato una iniziativa dedicata al fiume che bagna Roma. “La chiusura ha ridotto l’inquinamento – ha detto il Pontefice riferendosi al periodo tempo di lockdown – e ha fatto riscoprire la bellezza di tanti luoghi liberi dal traffico e dai rumori”. La ripresa delle attività economiche aveva aggiunto, deve portare ad essere “più responsabili della cura della casa comune”.

La “festa de’ Noantri”

Per la “festa de’ Noantri” una grande statua in legno di cedro raffigurante Maria percorre il fiume Tevere in ricordo del suo ritrovamento, nel 1535, alla foce del Tevere. Da allora, è tradizione per gli abitanti del rione Trastevere e per i romani celebrare la “Madonna fiumarola”, che fu donata ai carmelitani della Basilica di San Crisogono per poi finire nella chiesa di Sant’Agata. A luglio, il primo sabato dopo la festa della Beata Vergine del Monte Carmelo, la statua, che nel corso dei secoli è stata sostituita, lascia la chiesa di Sant’Agata per la Basilica di San Crisogono, dove resta per otto giorni, prima di ritornare nelle chiesa d’origine. Questa processione, dove si esprime la devozione per la Madonna protettrice dei trasteverini, risale almeno agli inizi del ‘600, data di fondazione dell’Arciconfraternita del Carmine di Trastevere,  che custodisce la statua.

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