Libano: raid israeliani a Tiro
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Non c’è tregua in Medio Oriente: l’aviazione israeliana ha condotto nuovi raid nei pressi della martoriata città di Tiro, nel sud del Libano. Sull’altro fronte, guerriglieri Hezbollah libanesi hanno lanciato, durante la notte, razzi sull’Alta Galilea. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Gli aerei israeliani hanno compiuto decine di raid sul territorio libanese, tornando a colpire anche Beirut. Nella zona meridionale, Israele ha dispiegato circa 10.000 soldati per creare una fascia di sicurezza. I soldati dello Stato ebraico hanno preso posizione in 11 villaggi e ucciso almeno 4 guerriglieri Hezbollah. I bombardamenti proseguono anche nel nord, vicino al confine con la Siria e nella valle della Bekaa. Sull’altro fronte, più di 200 razzi sono stati lanciati, nelle ultime 24 ore, da combattenti Hezbollah verso il nord di Israele.
Inchiesta israeliana
Un’inchiesta delle forze armate dello Stato ebraico, le cui conclusioni sono state pubblicate oggi, ha rivelato, intanto, che il raid israeliano sul villaggio di Cana e la conseguente strage di civili dello scorso 30 luglio sono state un errore. Le autorità libanesi hanno corretto, inoltre, il bilancio di quella strage, le cui vittime sarebbero state 28 e non 52, come dichiarato precedentemente. Ma nel Paese dei Cedri, il bilancio complessivo dei morti resta comunque pesante: secondo il premier Fuad Siniora, sono 900 i morti da quando ha avuto inizio, lo scorso 12 luglio, l’offensiva israeliana. Un terzo delle vittime e dei feriti è costituito da bambini sotto i 12 anni. Siniora ha precisato, poi, che gli sfollati sono oltre un milione, un quarto circa della popolazione libanese.
Danni ingenti
È stato aggiornato anche il bilancio dei danni che, secondo fonti ufficiali, ammontano ad oltre 2,5 miliardi di dollari. Dalla Malaysia, dove si è in corso la riunione dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, i rappresentanti dei Paesi a maggioranza musulmana hanno chiesto, infine, che “le violazioni del diritto internazionale e dei diritti dell’uomo non rimangano impunite”.
Messaggio del Patriarca Sabbah
E per chiedere la fine delle violenze in Libano e nei Territori palestinesi, il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, ha lanciato un nuovo messaggio. Nel testo, il patriarca esorta tutti a pregare perché “la ragione prevalga sullo spirito di vendetta”, perché vi siano sempre più uomini e donne “capaci di vivere insieme nella pace” e perché i soldati non siano fatti strumento di “uccisioni e distruzione”, così che la Terra Santa sia “terra di redenzione e riconciliazione per tutti”. In Libano, intanto, gli orrori e i drammi della guerra sono sempre più evidenti.
Intervista con padre Vittorio Pozzo
Fortemente minacciati sono ora il futuro stesso del Paese e le speranze della popolazione libanese. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il missionario salesiano della casa Don Bosco di ElHoussoun, padre Vittorio Pozzo, da 30 anni in Libano:
R. – Il più difficile sarà ricostruire l’uomo. La ragione della sua sopravvivenza, per il Libano, è quella di essere un Paese comunque unito, seppur nella diversità delle confessioni, delle religioni e delle culture. Diciamo, quindi, che i libanesi devono sapersi accettare e perdonare.
D. – Quindi, per la popolazione libanese è necessario in questo momento drammatico essere più che mai compatta…
R. – Il vertice religioso di tutti i capi religiosi cristiani e musulmani di due giorni fa ha preso questo orientamento invitando tutta la popolazione a fare quadrato intorno allo Stato, intorno al governo che attualmente rappresenta la legittima autorità. La cosa più importante è quella di superare questo trauma: i libanesi hanno molte risorse, sono pieni di intraprendenza e di iniziative. La cosa più importante è che abbiano ancora la volontà di ritentare, per l’ennesima volta, e non rivedersi, soltanto dopo pochi anni, al punto zero e quindi ricominciare tutto da capo.
D. – Negli organi di stampa, la guerra è spesso un cumulo di cifre e statistiche: cosa significa per voi, salesiani in Libano, questo conflitto?
R. – La realtà è, purtroppo, peggiore delle statistiche. Certo noi, per dove siamo, siamo ancora molto fortunati, perché non siamo stati colpiti: abbiamo la nostra casa, abbiamo da mangiare. Andando in giro, però, abbiamo contatti con gli sfollati ed i rifugiati; ci rendiamo allora conto di che cosa sia la guerra e quale significato abbia per loro aver dovuto abbandonare la casa, che probabilmente non la troveranno più in piedi. Capiamo cosa significa vivere in strutture pubbliche e in scuole, con tante altre famiglie. Ogni giorno dobbiamo trovare, in qualche modo, delle parole nuove per far accettare e non far pesare loro quello che si porta e si offre.
Intervista con padre Murru
L’orrore della guerra sconvolge anche i Territori palestinesi, dove oggi sono morte almeno 8 persone in seguito a nuove operazioni militari israeliane, e lo Stato ebraico. Nel nord di Israele sono arrivati, nella notte, razzi lanciati da guerriglieri Hezbollah. Alcuni di questi hanno raggiunto anche Nazareth. Sulla situazione in Galilea, Amedeo Lomonaco ha raccolto la testimonianza del direttore dell’Istituto dei salesiani di Don Bosco, padre Mario Murru, raggiunto telefonicamente a Nazareth:
R. – Con questi missili che arrivano – non si sa quando e non si sa dove – la gente vive con il timore che possa arrivarne uno sulle loro teste. Proprio ieri, quattro di questi razzi sono arrivati vicino alla città di Nazareth.
D. – C’è un pericolo reale anche per i Luoghi Santi della Galilea?
R. – Il pericolo c’è per tutti i posti perché questi razzi quando arrivano, non sono mirati; non sono come i missili mandati da Saddam nel 1991-‘92. Sono razzi lanciati un pò ovunque; quindi possono colpire chiese, moschee, cristiani e musulmani. Nessuno si sente al sicuro. Non credo, però, che ci siano degli attacchi mirati contro i cristiani, i musulmani o gli ebrei. Gli Hezbollah lanciano i razzi senza sapere quali aree saranno colpite.
D. – Come vivete queste giornate?
R. – Noi, generalmente, continuiamo la vita di preghiera regolare, soprattutto la domenica. La gente vuole radunarsi in chiesa anche perché dicono: “Il Signore ci proteggerà”; ma non ci sono dei luoghi sicuri. Speriamo che, al più presto, termini questa situazione anche perché la gente, soprattutto i bambini, sono impressionati e non dormono. Sono veramente psicologicamente provati.
Foto:
By Israel Defense Forces [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons