Ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Medio Oriente, entrano oggi nella fase cruciale le operazioni per il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza: poco dopo l’alba una colonna di mezzi dell’Esercito e della polizia sono entrati in un insediamento a sud dell’enclave palestinese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

I militari israeliani sono entrati nella colonia di Kfar Darom, roccaforte dei coloni oltranzisti, e hanno minacciato di usare la forza contro coloro che si oppongono al piano unilaterale di ritiro da Gaza voluto dal premier Ariel Sharon. Nella notte, intorno all’insediamento, c’è stato uno scambio di colpi di arma da fuoco tra estremisti  palestinesi e militari israeliani ed è anche stata occupata dai coloni una sinagoga.

Iniziato lo sgombero

Le forze israeliane stanno iniziando lo sgombero. Nonostante le tensioni, le operazioni di disimpegno procedono velocemente. Il primo ministro Sharon ha detto che lo sgombero sarà completato entro lunedì. Finora, sono stati evacuati 9 insediamenti su 21 e stanno per essere demoliti tutti gli edifici di una colonia. Ieri, le fasi del ritiro sono state scosse da due gravi episodi. Una donna si è data fuoco per protestare contro il disimpegno. La colona ha riportato ustioni sul 60 per cento del corpo ed è stata ricoverata in condizioni giudicate serie.

Sharon: atti di terrorismo ebraico

Quattro operai palestinesi sono stati uccisi e altri 2 sono stati feriti da un israeliano in un insediamento in Cisgiordania. Secondo fonti militari dello Stato ebraico, l’uomo ha sparato con una pistola sottratta ad una guardia. Il premier israeliano Sharon ha definito l’uccisione “un atto di terrorismo ebraico” volto ad ostacolare il ritiro. Il gesto è stato condannato anche dal presidente Abu Mazen che ha esortato i palestinesi a non compiere rappresaglie.

Intervista con padre Pizzaballa

Il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza sta dunque entrando nel vivo. Ma come ha accolto la comunità cristiana in Terra Santa la decisione di Israele di evacuare le proprie colonie? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:

 

R. – La comunità cristiana, come si è notato, non ha preso posizione; non siamo voluti intervenire su questo argomento che è molto politico. Tuttavia, noi siamo molto attenti. Anzitutto, c’è stato un atteggiamento – da parte dei cristiani – molto positivo: va riconosciuto al governo israeliano, al primo ministro Sharon, di avere fatto una scelta molto coraggiosa e stiamo vedendo in questi giorni quanto sia difficile attuarla e comunque viene portata avanti. E’ sicuramente un passo buono e positivo che va nella direzione della riconciliazione tra i due popoli.

Primo passo

D.  – Il ritiro israeliano può essere dunque definito un primo passo verso un percorso più lungo. La pace è adesso un orizzonte più vicino?

R. – Penso e spero di sì. Siamo tutti convinti che, per arrivare veramente ad una pace vera, ci vorrà ancora molto tempo, perché la pace deve essere costruita e preparata. Credo che questo passo del ritiro da Gaza sia molto importante. Penso che sia una pietra miliare in questo cammino che è ancora molto lungo.

Convivenza tra israeliani e palestinesi

D. – Siamo abituati a considerare Israele e la Palestina come due territori divisi, separati da un muro, da profonde incomprensioni. Ma ci sono anche molti casi di serena convivenza tra israeliani e palestinesi, tra ebrei e musulmani. Può darci qualche testimonianza?

R. – Sì, è vero. Si parla spesso di questa terra come di una terra carica di odio e di disordine, ma c’è anche collaborazione. C’è il “Parent Circle”, il circolo dei genitori palestinesi e israeliani che sono stati vittime di attentati o che hanno perso familiari negli attentati… C’è una rete di scuole che si chiama “Hand in Hand”, mano nella mano, dove cristiani, ebrei e musulmani studiano insieme in due lingue, in arabo e in ebraico… Ci sono tantissimi gemellaggi tra scuole palestinesi e scuole israeliane. Ci sono tantissime associazioni che, sul territorio, si incontrano per fare qualcosa insieme, non per discutere ma per lavorare insieme. Realizzano progetti piccoli ma concreti, incontri con i poveri, mense per i poveri, cose di questo genere. Sono tantissime queste iniziative e io penso che questa sia una base molto concreta per lo sviluppo futuro di pace e convivenza.

Dialogo interreligioso

D. – Il dialogo interreligioso rimane una delle leve più importanti per migliorare le relazioni tra israeliani e palestinesi. Cosa stanno facendo i cristiani sotto questo profilo?

R. – Noi viviamo insieme: le tre religioni vivono insieme, anche le diverse comunità cristiane vivono insieme, quindi tutto sommato le relazioni, al di là di qualche piccola tensione inevitabile, sono abbastanza cordiali. Devo dire però con tutta onestà che ancora non sono state avviate tra le autorità religiose, le comunità religiose, iniziative comuni per un discorso di pace e di riconciliazione per i due popoli.

Foto:

By gloucester2gaza [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

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