Il teatro di Eduardo De Filippo, scrigno di umanità e spiritualità

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Il 31 ottobre del 1984, esattamente 40 anni fa, moriva a Roma il grande drammaturgo napoletano. Nel 1947 la sua Compagnia Teatrale è stata ricevuta in udienza da Papa Pio XII.

“È stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il fa il teatro, così ho fatto! Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere, tutte le prime rappresentazioni e l’ho pagato! Anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato”. È un passaggio del discorso pronunciato nella sua ultima apparizione pubblica, sul palco del teatro antico di Taormina, da Eduardo De Filippo, considerato uno dei più importanti autori teatrali italiani del Novecento. Sono passati esattamente 40 anni dalla morte, il 31 ottobre del 1984, di questo grande drammaturgo, figlio del celebre attore e commediografo Eduardo Scarpetta.

Lo sguardo religioso

Sotto il gelo delle “abitudini teatrali”, muovendosi continuamente in tutto l’arco della sua vita nello spazio del palcoscenico per provare e recitare, Eduardo De Filippo è stato anche un cantore della cultura popolare italiana, in particolare di quella napoletana. Ha scritto e interpretato decine di opere, tra le più celebri: “Natale in casa Cupiello” (1931), “Napoli milionaria!” (1945) e “Filumena Marturano” (1946). Il suo sguardo, attraverso quello dei suoi personaggi, si è posato spesso spesso sugli ultimi e su quanti vivono ai margini della società. Ed anche per questo il teatro di Eduardo educa all’inclusione, alla convivialità, alla giustizia. Si può dire che pur mantenendo una visione profondamente laica, la sua drammaturgia offra uno “sguardo religioso” sull’esistenza. La morale e la presenza di Dio, nelle sue opere, accompagnano la quotidianità, danno senso alla vita.

Attendere il Natale

Una delle commedie più celebri di Eduardo De Filippo è senz’altro “Natale in casa Cupiello” del 1931. Il fulcro della trama, che offre una rappresentazione della famiglia nel contesto di profondi cambiamenti culturali, è il “rito” della costruzione del presepe. Nella vicenda il cuore buono e un po’ ingenuo di un padre resiste davanti a inganni, povertà, tradimenti e scorge luci che fanno sperare, nonostante l’oscurità della notte esistenziale. Sono quelle di un presepe allestito con vecchi libri e improbabili materiali di recupero. La domanda ricorrente, quasi come un tormentone, “Te piace ‘o presepio?”, esorta in fondo lo spettatore ad intraprendere una riflessione più profonda, a scrutare l’umanità in tutta la sua integralità. A comprendere che l’essenziale, seppur avvolto in tutto il suo mistero, alla fine ha il sopravvento su ogni disavventura umana.

L’incontro con Pio XII

Nel 1947, come ricorda l’edizione dell’Osservatore Romano del 15 luglio di quell’anno, Papa Pio XII ha ricevuto in udienza la Compagnia Teatrale Eduardo De Filippo. La “Domenica del Corriere” ha dedicato all’evento una delle sue storiche copertine. Nella didascalia si legge che gli attori Eduardo e Titina De Filippo sono ricevuti dal Pontefice nella Biblioteca Vaticana. Durante l’udienza, Titina recita “la preghiera alla Vergine”, tratta dalla commedia “Filumena Marturano”. Il quotidiano “Corriere d’Informazione”, stampato dal 1945 al 1981, pubblica il 14 luglio del 1947 un pezzo intitolato “Filumena Marturano narra al Papa io suo colloquio con la Madonna delle rose”. “So che voi fate teatro sano – si legge nell’articolo che riporta le parole pronunciate da Pio XII in quell’occasione – e so che vi arride il successo”. Papa Pacelli “ascoltava attentissimo il colloquio tra Filumena e la Vergine”. “Quando finì – si legge infine nell’articolo – socchiuse gli occhi dietro le lenti, poi dopo un attimo, disse: questa è preghiera”.

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